Videoginnastica

-Ne hai abbastanza?
-Mai.

Dice il carceriere che non ho più la stoffa per riuscirci.

-Non penso ti sia rimasto ancora molto.
-Il tempo utile non è finito. Ne è solo rimasto poco.
-Idee su come uscirtene?
-Solo idee su come mai non ne esco.
-Confini etici?
-Esatto. Ma non solo.
-E allora?
-È una questione di paura. Ogni messa in discussione ulteriore di me stesso mi porterebbe verso la banalità.
-Ho già sentito questo discorso.
-Sì. È vero. Mi ci ritrovai anche io quando lo sentii detto per la prima volta da qualcun altro.

Una stanza in penombra.
Riviverla una cinquantina di volte.
A quell’ora Gesù era quasi in cima al Golgota.
L’illimitata sensazione di impotenza di un autonominato salvatore nell’atto del fallire.

-Pensavi di fare cosa buona, ma sei stato una guida inutile.
-Si può lasciarsi cadere per morire, ma durante il volo si finisce spesso col mimare un gatto.
-In che senso?
-Si tenta comunque un atterraggio dolce, decente, per preservare l’interezza delle proprie ossa.
-Di che altezze stiamo parlando?
-Venticinque metri circa.

Un archivio con dentro la spazzatura multimediale di una vita.
-Per chi hai fatto quella piccola tomba?
-Per una mia amica.
-Come mai ci hai messo dentro tutte quelle cose?
-Parte per l’Africa. Starà via per un poco.

Il carceriere va in cucina. Fa assottigliare fino a sparire un’aspirina in un grande bicchiere di acqua. Poi torna da me in soggiorno.
-Quindi, praticamente, non hai più un cazzo da fare, eh?
-Difatti. È proprio così. Però all’apparenza non posso dire di starmi annoiando davvero. Sai, col fatto che mi tengo impegnato la giornata mi passa.
-La prigione a questo punto, molestie sessuali a parte, ti farebbe un baffo.
-Molestie sessuali a parte ok. Però non so se mi starebbe bene. Io mi consolo nella potenza, seppur in rarefazione d’atti. Se la potenza fosse comunque ridotta a zero non avrei più niente a cui poggiarmi.
-La potenza ci sarebbe ugualmente. Solo sarebbe fuori dalle mura carcerarie.
-Non abbocco. Non mi freghi. Sarebbe una merda.
-Pensaci bene. In ragione di ciò, data l’accettazione della possibilità di affrontare l’istituzione carceraria con tranquillità, potresti cominciare a valutare la possibilità di rischiare di finire in galera, per vivere al massimo. Vivere per delinquere, non farti mancare niente. Una dinamica alternativa rispetto alla tua attuale situazione di carcerato in casa.
-Il solito discorso. I criminali mettono la propria libertà in palio, per una vita al massimo.
-Bravo. Hai capito.
-Lo sapevo di già, anche prima di affrontare il discorso con te.

Il carceriere ha dei problemi di mal di testa. Probabilmente punizione per la sua cattiva abitudine di portare allo sfinimento la gente.
Ama molto l’aspirina e si vanta con orgoglio del fatto che sia l’unico farmaco mai assunto da lui durante la propria vita.

-Carceriere, vorrei anch’io un’aspirina.
-Per te non ce ne sono.
-Ma ne sono rimaste?
-Per me sì.
-Mah…
-Devi pensare prima alla salute del tuo cervello. Il tuo corpo viene secondariamente. Quando la mente ha troppi problemi è facile fare sintomi fisici.
-Non ci ho mai creduto a questa visione dei fatti funzionale.

Non vorrei che il carceriere rimanesse imprigionato all’interno di questa descrizione edulcorata e diplomatica, egli in realtà è persona di grande violenza, non solo verbale.
Starnutisce con forza.
-Il mio starnuto, è la tua condanna. La mia rabbia è la tua. Questo starnuto è una garanzia.
-Garanzia di cosa?
-Di una bella sinusite. Te la meriti.
Seguono i miei di starnuti, di foga, con cannoncini di muco, ora denso, ora acquoso. Roba da chiamare un idraulico e lasciargli un centinaio di euro.

-Perché me la meriterei?
-Ti meriti qualcosa con cui prendertela, per evitare che tu te la prenda direttamente con te stesso.
-Vorrei prendermela con te.
-Non puoi prendere a cazzotti i sintomi. Mi segui?
-Un sintomo? Tu non sei un sintomo in senso stretto. Più una forma simbolizzata del problema.
-Ah, dici per il fatto che non ti permetto di uscire di casa?
-Sei risolvibile, come la sinusite. Basta del cortisone ed una abbondante dose di caffè.
-Provaci.

Vado in cucina. Il carceriere mi segue.
-Pensi che ne valga la pena?
-Di fare cosa?
-Di combattermi.
-Potrei anche arrivare ad assumere farmaci con cadenza diaria, fino a farti sciogliere, come un’aspirina di scioglie in un bicchiere.
-L’aspirina sciogliendosi nel bicchiere si diffonde in esso, per poi diffondersi nel corpo intero una volta bevuta. Non muore nel bicchiere, cambia solo forma.
-Io non voglio parlare più con te.

Rimedia una scatoletta di tonno vuota da usare come posacenere. Fuma sigarette di una marca sconosciuta, ovviamente non esistente: Tuxedomoon.
L’odore è terribile, sa di plastica bruciata.
-Non fare quella faccia. Lo so che fanno schifo. Sono fatte apposta, sono un mezzo dissuasivo. Mi servono per smettere di fumare.
-Non hai bisogno di fumare. Hai me da tormentare. Non vedo perché dovresti avere qualcosa d’altro da fare, dal momento che fai un lavoro già così divertente.
-Io capisco che per una mera questione di circostanze nella relazione tra di noi tu sia ovviamente al centro dell’attenzione, però devi cominciare a guardare le cose anche da un altro punto di vista.
-Cioè?
-Cioè del fatto che addirittura a me, proprio come a tutte le altre persone fuori da questa casa, potrebbe non fregare niente dei cosiddetti stracazzi tuoi.
-Tu devi essere interessato ai fatti miei per definizione. Nella critica ad essi esaurisci il tuo ruolo.
-Sì, sì. Però ad un certo punto è così tanta la noia che il mio unico ruolo diventa quello di essere la persona che ti manda affanculo.
-Non credi che io vada tormentato?

Lo scardinarsi della volontà del carceriere è chiaro effetto del fatto che il caffè ed il cortisone siano abbondantemente entrati in circolo. Chi ama l’aspirina la ama solo perché non conosce il cortisone.
-Tranquillo, non ti preoccupare per me. Adesso che sei un pochino più su però arriverà quell’altra ad assisterti.
-Quell’altra chi?
-La consigliera di guerra.
-Io non voglio nessuna guerra.
-Tu vuoi solo la guerra. Perché solo quella ti è rimasta.
-In che senso?
-Solo la guerra ti è rimasta come misura per definirti. Come righello a portata di mano sempre utile per misurarti i centimetri di pisello. Nel conflitto sei vivo, hai ancora un ruolo, hai ancora un’importanza. Nel conflitto sei pieno, fuori dal conflitto sei una busta di plastica trasportata dal vento in un giorno di tempesta. Il conflitto è la cocaina di un nevrotico non cocainomane. Dovresti valutarla la cocaina, comunque.
Finisce la sigaretta.
Gli occhi gli si girano al contrario.
So bene che purtroppo non si tratta di morte, quanto di una piccola ischemia i cui sintomi si esauriranno in qualche ora, la stessa tempistica d’azione del caffè.

Rientra a casa quell’altra.
Un abbigliamento tra lo sciatto ed il formale.
Da rivoluzionaria alla moda.
Arrabbiata, nervosa, affaccendata. Mi riporta immediatamente all’ordine.
-Se continui ad ascoltare quell’altro questa casa sarà davvero una prigione per te.
-Hai ragione.
-Tralasciando poi le condizioni in cui si trova questa casa. Il prossimo passo quale sarà, pisciare nel cestino della spazzatura?
-Non hai tutti i torti.
-Hai preparato il piano?
-No.
-Perché no?
-Non mi andava.
-Non puoi fare così…
-E tu non mi puoi rompere il cazzo. Però lo fai. Allora è bene che tutti noi facciamo la nostra parte, e ritroviamo il coraggio di mandarci tranquillamente nel posto dove meritiamo, cioè affanculo.
-Io non sono uno di quei maschi burattini con cui puoi litigare per avere qualche piccola vittoria di Pirro.
-Si vede che non sei maschio, sì.
-Devi preparare il piano.
-Non ho nessuna intenzione di farlo.
-Questo è il motivo, infatti, per cui non penso che avrai modo di riprodurti.
-Il piano di vendetta c’entra poco con questo altro problema della riproduzione.
-Senza il piano non puoi andare avanti. Fintanto la questione non sarà risolta il carceriere non lascerà casa tua. Sai come va in questi casi, no?
-No.
-Si continua a cambiare di peso, o si dimagrisce o si ingrassa senza freno.
-E poi?
-E poi ci si lascia completamente andare. Ci si chiude al mondo. Ci si ripete che il mondo non è così importante, e che una casa in fin dei conti può bastare. Ci si rassegna di fronte alla vittoria dei propri nemici, si assume l’andatura del cifotico, tenendosi caro solo il proprio senso di superiorità ipotetico.
-Uffa, cazzo, che palle. Perché hai sempre ragione? Ma soprattutto perché me lo vuoi sempre ricordare. Sto andando avanti a merendine e scatolette di tonno, ma me lo faccio andare bene. Il resto non mi interessa.
-Stai scivolando, senza drammi. Pian piano.
-Dimmi cosa vuoi che faccia?
-Bene, possiamo cominciare. Ma prima ho una domanda.
-Dimmi.
-Ti piacciono i finali aperti?
-Dipende quanto aperti.