Smells like Zitoxyl

Smells like Zitoxyl

Dedicato a tutti i reduci della guerra civile da banco.

1985. Una nota località marittima.

Rivolte al sapore di sciroppo. Sciroppo per la tosse. Non uno qualsiasi, sia chiaro. Solo il migliore.

Aveva portato dei capelli afro finché li aveva tenuti in testa. Tutti gli dicevano: ma quanti capelli hai? Quanti ne hai? Un poco me ne dai?

Poi avevano cominciato a cadere. Uno dei prezzi da pagare per la virilità, fra se e se si diceva.

Si era rasato, ma il suo nuovo aspetto non aveva cancellato le sue vecchie debolezze, per quanto avesse provato ad uscirne, seppur in maniera decisamente eterodossa. Uscire dalla debolezza per eccellenza, la robbosità.

L’alba invernale spazzava via lentamente la già scarsa foschia. Cielo terso, aria freddissima. Lo sbrilluccichio del pelo dell’acqua attirava i pesci in superficie, e faceva rimpiangere la calda appetibilità del mare estivo.

-Non c’è chiodo che sia scacciabile senza un altro chiodo.

Diceva il poco saggio Totò su una panchina della villa comunale, fumando una CIF senza filtro.

Un altro, detto il turco spingeva su altri tasti:

-Il percorso di cambiamento è lungo e difficoltoso. Non è impossibile, certo. Ma alla fine della scalinata, sei sicuro di averne più da guadagnarci che da perdere?

-Appunto. Per me dovresti continuare con lo sciroppo.

-Sciroppo fino a quando non tornerà lo scirocco.

Un certo romanticismo, per quanto comprimibile, quello degli anni ’80.

Al di fuori dello stato emotivo giusto, una certa tossicofilia. Non mera musica d’accompagnamento, ma vero e proprio inno all’esistenza.

-È comunque meglio che farsi una pera, no?

-Sì, ma dobbiamo trovare una scorta.

-Modo ce ne è uno solo.

Teo stava provando a smettere con l’eroina. In suo soccorso era venuto lo Zipeprolo, principio attivo del fighissimo sciroppo Zitoxyl. Niente di che eh, solo uno sciroppo contro la tosse, se assunto in un paio di cucchiai. La boccetta intera ovviamente regalava qualche dispercezione piacevole. Il proprio zoo personale in una stanza. Il costo del biglietto era grosso modo lo stesso dello zoo più vicino. Circa otto mila lire. Ma Fasano era lontano, la boccetta era in farmacia. Ad onore del vero il noto Zoosafari venne costruito solo nei primi anni ’90.

La fioca luce di una lampadina a incandescenza vicina alla fulminazione in quella mattinata illuminava una sporca cucina. Erano stati svegli tutta la notte, non avevano intenzione di andare a dormire. Era il momento di pre-pranzare.

-Abbiamo troppo poco fumo per fumarlo. Potremmo provare con le pennette.

-Le solite pennette all’hashish.

Un bel cucchiaione conteneva una piccola porzione di burro, squagliato sul fornello. Nel cuore del burro un grammetto di fumo, che il burro scuriva.

Un soffritto a base esclusivamente di aglio, con pochissimo peperoncino.

Dopo aver finito di pre-pranzare, grosso modo alle nove e mezzo del mattino, orari molto diversi dai quelli dei tossici convenzionali, la piccola compagnia si lanciò in una serie di elucubrazioni.

Cominciò proprio Teo:

-Per fortuna che la conferenza è stata fatta proprio qui in città.

-Ah, dici quella al Castello. Cosa hanno detto?

-Hanno sgamato il trucchetto. Da domani lo Zitoxyl sarà illegale. Dovrò tornare alla robba, e insomma, a tutto quello stile di vita di cui mi sono stancato.

-Quindi cosa proponi di fare?

-In farmacia ne hanno una bella scorta. Se il farmaco verrà ritirato non ci sarà modo di trovarlo più in giro, se non a caro prezzo. Ergo, dobbiamo rapinare la farmacia. Un colpo facile.

-A sto punto perché non prenderci anche qualcosa altro?

-Tipo?

-Doppia Esse. Sedativi e soldi.

-Sarebbe la cosa più semplice da fare, ma io non ho niente contro Maurizio il farmacista. Non voglio fregargli niente. Lui non ha colpa, e ci ha sempre aiutati.

Gli altri amici di Teo non erano al suo livello. Preferivano bere o si limitavano al fumare. I suoi compagni storici di stordimento, i supertossici, erano già volati in cielo da qualche anno. Si era guadagnato il soprannome di carro armato per la sua grandissima resistenza a qualsiasi droga. Nel porto di Bari una volta era stato sfidato da dei locali ad una gara a chi mangiava più sigarette. Lui era arrivato in fondo al pacchetto da venti. Gli altri erano crepati alla quinta. Lo chiamavano anche fegato d’acciaio, cimitero dei drogati, l’uomo con la siringa incorporata, orso polare.

D’altro canto, come molti altri amanti della tossicità, il suo percorso di vita era incentrato grosso modo su quello. Aveva piena coscienza del suo essere una causa persa, di essere nel torto marcio, di essere comunque condannato ad un epilogo infame, ma tutto ciò gli passava per il cazzo. Se aveva cominciato con spirito di ribellione, ora gli toccava rimettere insieme i cocci.

-Sapete che vi dico? Andrò fino in fondo. Mi disintossicherò con lo zitoxyl.

-Scusa eh, ma il metadone?

-Avete mai visto nessuno smettere col metadone?

I risultati non erano proprio brillanti, ma uno Stato saggio preferisce avere dei farmaco-dipendenti piuttosto che dei tossici. Lui conosceva il giochino, ma non voleva praticare la politica di riduzione della dose suggerita da qualche medico. I medici per lui erano solo dei burocrati che firmavano le ricette. Ad onore del vero, sull’argomento droghe, ne sapeva molto più che la media dei medici della zona. Intendeva fare a modo suo. Sicuramente qualcuno degli animali che avrebbe visto gli avrebbe in un secondo momento indicato la via più corretta. Fabbricarsi il proprio spirito guida, anziché rivolgersi ad aiuto specialistico.

La giornata passò veloce. Totò arrivò a quota venti birre con una grande facilità.

Ah, quanto gli piaceva parlare. Quanto gli piaceva vantarsi di un sacco di cose.

-Vedete, è chiaro che la mia intelligenza sia diversa. Io posso parlare solo con certe persone, le altre ovviamente non capiscono. Poi c’è chi mi addebita ‘sto fatto che io beva parecchio, anche per questo fatto che uso i congiuntivi. Ma una birra con gli amici davvero corrisponde al bere troppo?

-Totò hai bevuto venti birre oggi.

-Venti birre? E quando lo avrei fatto? È sempre la stessa da stamattina, infatti è caldissima.

-Con te non ci sono speranze. Meno male che lo squagliato sarei io.

-Squagliato io? Come tutti saprete, spesso, le ragazzine in difficoltà vengono a chiedermi consigli su come gestire i loro guai familiari. Ovviamente ho sempre il consiglio giusto per loro.

-Se le mani sul culo valgono come consigli potremmo aprire un consultorio.

Il turco prese parola:

-Potremmo anche pensare di rivolgerci a dei medici.

-In che senso?

-Se replichiamo questo genere di discorsi davanti ad un medico di base qualsiasi, sicuramente ci escono una pioggia di ricette.

-E poi cosa ce ne facciamo?

-Qualcosa si inventa.

-Io mi devo disintossicare. Mi serve lo sciroppo.

-Pensi di poterne uscire in questo modo?

-Spesso una scelta sbagliata può tramutarsi in quella giusta se ci si crede abbastanza.

-Tutte le opinioni sono senza valore.

-La mancanza di un valore comune non preclude la possibilità dell’esistenza di un valore soggettivo.

-Dovremmo prepararci al colpo.

Totò continuo a farneticare. Si stava evidentemente cacando sotto.

Il turco conosceva il pollo.

-Totò, non so se te l’ho detto, ma ho della Grappa di Barricata recapitatami da un mio parente che sta a Trento. Se non ci abbandoni sarà tua.

-Se la mettete così, non vedo il problema. Anche perché, senza di me il problema per voi ci sarebbe eccome.

Tutti e tre erano belli scuri. Teo era basso e muscoloso, il turco basso e secco. Totò era più alto, e tendeva a mettere pancia. In ciascuno di loro si potevano notare i tratti del passaggio dei turchi in quel posto cinquecento anni prima. Lombroso si sarebbe spinto oltre nelle valutazioni, ma negli anni ’80 non era stato ancora rivalutato.

Una piccola ape modificata. Un motore di grossa cilindrata. Una potenza di tiro importante sulle marce basse. La parte anteriore montava dei ganci che permettevano l’aggancio di lamiera durissima, tipica delle carrozzerie indistruttibili delle auto di quel decennio. Il tipo di auto che in corso di incidente si tramutava automaticamente in una bara ferrea.

-Il piano è semplicissimo. Sfondiamo la saracinesca.

-Scusa Teo, ma sai dove è lo sciroppo?

-Mi hai preso per coglione? Ci vado tre volte a settimana. Maurizio mi chiama Sergente Tosse. Ovviamente non è un fesso, e sa benissimo come stanno le cose.

Non era la scimmia a pompare. Sapevano benissimo come sarebbe andata a finire.

La notte d’inverno. Nessuno in giro nei posti di mare. Un sacco di ore di sonno perdute. L’aria gelida.

In questo modo l’ape super pompata si schiantò sulla vetrina, e rapido suonò il cazzo di allarme.

Col viso coperto presero lo sciroppo di sorta, ma non riuscirono a non trattenersi dal prendere anche dell’altro.

Oh, quel Librium d’annata! Oh, qual Librium d’annata!

Poco prima dell’arrivo della sbirraglia riuscirono a far retromarcia ed a squagliarsela.

Sgommarono come gli ebeti, incendiarono le ruote come gli abeti bruciano dopo l’epifania.

Tutti nel paese avrebbero addebitato a loro la colpa. Ma gli animaletti immaginari di Teo sicuramente avrebbero protetto col loro caldo tepore l’uscio della sua casa.

Il turco diede la grappa d’annata a Totò, che riuscì a berla bicchiete da mezzo quinto dopo bicchiere da mezzo quinto. Sette bicchieri, ed era bella che un ricordo per gli occhi altrui, ma un fulgido presente per le di lui membra, che in quel calduccio ben si trastullavano. Poi si perse, quasi evaporando, provando a cercare altro tepore in un paio di cosce in qualche bar ancora aperto.

Il turco anche se ne andò, dicendo la sua: -Vacci piano adesso Matteo. Non sia mai che la cura diventi peggio del male.

-Non ti fai un giro?

-Vorrei evitare di essere visto a inseguire galline che non ci sono. Già ci saranno abbastanza sospetti sul nostro gruppetto.

-Se la metti così.

-Però magari un paio di sigarette le inzuppo nel Librium. Non si sa mai.

Così fece e se ne andò.

Teo accese la tv, e c’era una replica di fantastico. Pippo Baudo non le mandava a dire, ed esprimeva pareri sulle canzoni. A metà boccetta di Zito, tuttavia cambiò completamente argomento, e cominciò a parlare della volta in cui un grosso fenicottero, non rosa ma dai colori della finanza, venne a trovarlo contestandogli tutta una serie di reati d’evasione fiscale. Il buon Pippo, da bravo siciliano, ci mise poco a fargli saltare il cervello.

-Ma tu guarda se la Finanza deve usare questi trucchetti.

L’amara sorpresa fu che nell’istante preciso in cui le pallottole del fucile da caccia colpirono il fenicottero, esso riacquisto la parvenza d’uomo.

Per fortuna Pippo ebbe la brillante idea di sparare un secondo colpo, al ginocchio del finanziere, il quale tornò ad essere niente più che un fenicottero, addirittura rosa. Il problema si risolse da se.

Teo non sopportava ben volentieri la smargiasseria del Pippo nazionale, per quanto ne condividesse l’odio per le forze dell’ordine. Cambiò canale. Fece centro. Beccò colpo grosso.

Un Umberto Smaila in formissima armeggiava nel bel mezzo dello studio con un enorme confezione di crema per le emorroidi.

Non stava un attimo zitto: -Ve lo dico e ve lo ripeto. Purissima cartilagine di squalo emulsionata. Zero problemi con le vostre fottutissime emorroidi. Zero problemi. Meno di zero. Inutile dire che si presta anche ad altri utilizzi. Vogliamo dirne uno? Protezione delle articolazioni. Vogliamo dirne un altro?

Partivano occhiolini magnetici, occhiolini che bucavano lo schermo ed arrivavano dritti all’immaginazione di Teo. Bucando lo schermo però facevano colare dal vetro del televisore una sostanza bianchiccia, simile a del burro fuso.

Umberto utilizzava la crema spalmandola sui capelli delle varie Cin Cin Girls, continuando a sparare occhiolini.

Teo non capiva che cazzo intendesse dire. Era una crema per emorroidi, mica un fottutissimo shampo.

Il momento migliore fu quando Umberto consigliò l’uso orale della crema: -Se in Oriente si mangiano gli squali, non vedo perché noi dobbiamo sempre fare gli schizzinosi.

Si infilò il flacone nella bocca e cominciò a berne in quantità.

Le varie ragazze Cin Cin facevano smorfie di vario tipo. Sorprese, confuse, disgustate.

Alla fine Umberto si sbottonò la camicia, e si battè la pancia fino a che un piccolo squaletto, probabilmente un gattuccio, non ne sbucò fuori, producendo un piccolo cesareo. Prima uscì sangue, e poi infine acqua. Ne uscì così tanta da cominciare ad invadere tutto lo studio. Mentre le ragazze ridevano partiva la nota canzone Tropicana. Lo schermo del televisore era pieno d’acqua per metà, quando cominciò ad uscire acqua anche dal televisore.

Per Teo era un chiaro segnale, lo Zitozyl stava salendo alla grande. Non riconosceva ciò che stava accadendo come una allucinazione, ma sapeva che non ci poteva essere altra spiegazione.

Così ad un tratto si trovò sul divano seduto accanto a lui un piccolo cane-pesce-cane. Pelle di squalo e testa di squalo sul corpo di un cane. Il tipico pattern cromatico tipico dei gattucci. Per un animale dal peso stimato totale di una quindicina di chili.

-Quindi sei tu il mio spirito guida? Hai fatto benissimo ad uccidere quel panzone.

-Il mio ruolo era quello. Ho fatto in tempo a diventare un quadrupede polmonato nell’arco di meno di un minuto.

-Vuoi anche tu dello sciroppo?

-No, grazie.

-Pensi che stia sbagliando tutto, vero?

-No. Al contrario. Questo è il modo giusto. Anzi, ti dirò di più, forse è l’unico modo davvero efficace.

-Che facciamo? Continuiamo a vedere la tv o usciamo?

-Meglio se non esci per ora. Anche se potrebbero venire direttamente qui a bussare.

-Se venissero non credo che in questo stato riuscirei ad uscirne indenne.

-Ti difenderemo noi. Io e chi per quel momento sarà arrivato qui.

Chi è avvezzo all’uso degli allucinogeni sa come certe situazioni così brillanti, ripetute oltremodo diventano ugualmente noiose.

Qualcuno parla ironicamente di sputtanamento recettoriale. Secondo altri dipende solo dal fatto che esiste un numero limitato di frasi divertenti che possono essere dette da una allucinazione, sia essa di carattere puramente immaginifico, o anche di carne.

-Cambia canale. Non vorrei che fra poco noi si dovesse andare a salvare uno dei tuoi amici.

-Loro se la sanno cavare. Inoltre sono dei tossici profondamente diversi da me. Gli sbirri non andranno da loro.

-A meno che non serva un elemento di riscatto per cavare il ragno dal buco.

-Se la metti così.

Cambiò numerose volte canale. Ma alla fine tornò su Colpo Grosso. Smaila era di nuovo in forma. Si scusava per essere morto prima del break pubblicitario, ma ora riusciva a stare in piedi.

-Mi scuso con tutti per l’incidente. Avevo frainteso la scritta sulla pomata. C’era scritto che è fortemente sconsigliato l’uso orale.

Risate registrate del pubblico.

Le ragazze Cin Cin facevano segno di no con l’indice.

Il cane-pesce-cane commentava con vaticini inerenti il ruolo di varechina culturale di un programma del genere, che attraverso quelle ignude esche sessuali, permetteva a Berlusconi di farsi strada nel cuore degli italiani.

Teo rispondeva che alla fine erano delle belle femmine, e che non ci vedeva niente di male.

I rapporti di forza all’interno della trasmissione cambiarono quando Baudo fece irruzione, bucando la scenografia, e sparando alle gambe il povero Smaila.

Incomprensibilmente imprecò per il fatto che il poveraccio una volta colpito non si era trasformato in alcun animale. Puntò quindi il fucile contro le ragazze, minacciandole che avrebbe ripulito il loro onore a costo di lavarle col loro stesso sangue. Tutte fuggirono. Infine, come colto da un lampo di genio esclamò:

-Smaila è già un animale, ecco il problema.

Un secondo dopo si puntò il fucile in testa e fece fuoco.

Il corpo che cadde a terra fu quello di un varano. La testa era spappolata, ma con orrore di tutti, cioè dei pochi rimasti, lentamente si stava ricostituendo.

Lo squalo-cane commentò: -Baudo ha capito tutto. Non ci voleva niente a capirlo. In una dimensione così instabile, la morte può tranquillamente farti cambiare specie. Rimane il fatto che Smaila non si sia trasformato. Magari è un potere precluso agli obesi.

Il varano si avvicinò al corpo del grasso conduttore e cominciò a mangiarlo vivo.

Per Teo era la cosa giusta da fare.

-Presto verrà anche lui a farci compagnia, vero?

-Non vedo l’ora.

Una volta terminato di svuotare le viscere del conduttore, il grosso rettile si fece spazio attraverso lo schermo, ed entrò nel soggiorno-cucina di Teo.

Dopo averlo guardato disse: -Ok, ora ci siamo tutti.

-Vuoi anche tu dello sciroppo?

-Ti pare? Io mi nutro solo della concorrenza.

-Cosa stiamo aspettando?

-Che ti disintossichi del tutto no?

-Quanto ci potrebbe volere?

-Da quanto non ti fai di roba?

-Più di un mese.

-La dipendenza fisica l’hai archiviata allora, no?

-Sì. Ma non è quello il problema.

Lo squalo intervenne: -Il problema è la depressione. Ma non sappiamo se è depressione vera, organica diciamo, o se dipende dal sostrato sociale. Magari non a tutti piacciono gli anni ’80 in questo spicchio di mondo. Eppure nei prossimi decenni sono certo che verranno rimpianti, amaramente anche.

-Io smetterei anche. Però c’è anche l’altro problema. Quello più vicino nel tempo.

Il varano rispose rapidamente: -Se verranno gli sbirri sapremo come accoglierli.

-Io non capisco, ma che tipo di allucinazioni siete?

-Le migliori. Quelle disposte ad aiutarti fino all’ultimo. Ma nel caso che la polizia non sentisse per davvero i nostri morsi, e quindi noi fossimo solo delle blande allucinazioni immateriali, a quel punto dovrai vedertela te. Per ora comunque ancora non ci sono. Spero che avvertiremo con largo anticipo il loro arrivo, utilizzando i nostri sensi animali e garantendoti, nella peggiore delle ipotesi, lo spazio per una vittoriosa fuga. Tu però, per adesso, concentrati sul soffitto.

Teo guardò il soffitto, e tra le macchie d’umido cominciò a scorgere dei grossi e minacciosi ragni, poco più grandi di una mano.

-Loro cosa sono?

-Delle Segestrie. Ci sono sempre state negli angoli dei muri. Lo sciroppo però le ha fatte crescere. Penso che qualche appassionato pagherebbe bei milioni per averle. Invece tu puoi guardartele gratis. Non sei contento?

-Alla fine è per questo che continuo a bere lo sciroppo. Mi permette di incontrare tutti questi animali fantastici.

-Hai sbagliato aggettivo. Forse volevi dire animali fanatici.

-Sì. Anche quello.

Delle salamandre rosse e nere colarono giù dal muro, e i grumi di polvere si trasformarono in ricci, per metà di terra (roditori) e per metà di mare (echinodermi). Lo sciroppo nella boccetta si riempiva da solo, e Teo continuava a berne.

-A sapere che finiva così compravo solo due o tre boccette.

Lo squalo disse: -Comunque il grosso del danno è stato distruggere vetrina e saracinesca. Comunque meno di un milione di danno. Forse però, se ti mettevi d’accordo col farmacista, te le dava gratis tutte queste bontà.

-Certo, se avesse saputo che l’alternativa era farsi sfondare il negozio di sicuro. Ma pagherà l’assicurazione. Per il resto non me ne frega molto.

Il Varano Pippo inseguì un piccolo coniglio fosforescente e lo mangiò facendolo a pezzi.

-La maledizione degli animali come me è di avere una fame infinita. Mangiamo per poi dormire. In questo siamo uguali alle persone obese, per questo ci piacciono tanto.

Nel momento in cui in casa il volume di falene domestiche cominciò ad impennare, passando da una quindicina ad oltre cinquecento, Teo capì che era arrivato il momento del Librium

Una cinquantina di gocce e la situazione tornò sotto controllo. Le farfalle evaporarono per la troppa foga con cui volavano.

-Tecnicamente credo che si possa parlare di sublimazione.
Sentenziò lo squalo.

-Io ne ho abbastanza. Vado a dormire.

-Non puoi Teo. Se ti beccano nel sonno noi non ci saremo. Ci potrebbero essere delle signorine in costume da bagno, certo, ma pensi che possano essere più valide di noi nel respingere gli sbirri?

-Direi che non me ne frega più niente. Smetterò anche con questa roba. Lo butterò tutto sto sciroppo, anzi lo venderò.

-Se ti trovi con troppi soldi nelle mani sai come finisce, no? Niente più animali fantastici, e ricomincia la tiritera del “sto troppo bene, e sto troppo male”.

-Qualsiasi cosa è meglio che avere tutti questi mostri in casa. Aggiungiamoci che mi avete anche distrutto il televisore.

Teo si buttò sul letto, il Librium lo guidò nel sonno.

Stava giusto sognando che gli sbirri suonavano a casa per congratularsi con lui per le performance d’alto livello relative alla rapina, quando si sentì della bava in faccia.

Era la bava del cane-squalo. Era ancora là.

-Perché sei ancora qui?

-Forse il tuo fegato sta dando segni di cedimento. Magari non metabolizza più come si deve lo sciroppo. Io andrei in ospedale. Oppure continuerei con lo sciroppo. Magari viene fuori una Giraffa Chirurgo che ti fa un bel trapianto, appunto di fegato, senza liste d’attesa di mezzo.

-Lasciami dormire.

-Non credo di poterlo fare. Comunque hai visite.

Un secondo dopo suonò il citofono.

Pippo aggiunse: -Sono loro. Sono venuti per te.

Teo si fece coraggio ed aprì la porta.

Era Totò.

Entrando in casa non potè non fare caso al numero di strani animali presenti.

-Ah, sei in pieno manicomio. È bello vedere che hai compagnia. Ma per caso parlano anche?

-Li vedi anche tu?

-Ieri prima di andarmene mi sono preso pure io una boccetta. Sai, per via della tosse. Sarà per quello.

-Ma ne hai visti altri simili in giro?

-No, non animali. Ma ho incontrato un signore, che si chiamava per coincidenza anche lui Totò. Mi assomigliava, ma aveva una sessantina di anni. Era troppo simpatico, parlava proprio come me. Mi ha dato una serie di dritte su come sbagliare tutto nella vita e continuare ad essere felici fino alla sua veneranda età. L’ha chiamata la politica dello scrocco perpetuo.

-Senti, non me ne frega niente. Io adesso avrei voglia di riprendermi. Facciamo un caffè.

Lo squalo disse: -Sei sicuro di voler aggiungere altre sostanze nel tuo organismo.

-Mi devo riprendere. Non commentate per favore tutto quello che faccio.

Totò si mise ad accarezzare lo squalo, il quale a sua volta pareva amichevole nei suoi confronti.

-Quella lucertola mi somiglia a qualcuno di famoso.

-Per come stanno le cose dovrebbe essere Pippo Baudo, ma non sappiamo se si tratti del vero Pippo o di una sua trasfigurazione televisiva. Ci ha raccontato delle storie assurde su come la Finanza al giorno d’oggi notifichi l’evasione fiscale utilizzando dei fenicotteri addestrati, o peggio ancora, dei Finanziari in grado di trasformarsi in fenicotteri.

Rispose lo squalo.

-Apposto. Anzi, appostissimo. Scusa Teo, nel frattempo mi prendo una birra sai. Una al giorno me la bevo sempre.

-Fai pure.

Quello che tutti ignoravano era che Totò insieme al suo alterego del futuro avevano passato la notte a combinare guai in tutta la città. Era riuscito anche ad andare a letto con una focosa cinquantenne, mentre il vecchio continuava a dargli le dritte giuste. Si erano separati spontaneamente augurandosi la buona notte verso le cinque del mattino.

Non appena aperta la birra e fatto il primo sorso però, Totò vide uno dei ragni sul soffitto, e scappò via bofonchiando.

Pochi secondi dopo rientrò in casa.

Bestemmiò e dopo aggiunse: -Abbiamo visite.

I carabinieri erano fuori dalla porta, e la macchina del caffè invece di far uscire caffè, stava producendo dei lunghissimi spaghetti al gusto caffè, già perfettamente cotti al vapore.

Teo aspettò fino a quando non smisero di uscire e cominciò poi a mangiarli direttamente da dentro la Moka.

I carabinieri entrarono nella casa. La porta era semiaperta. Si guardarono bene intorno prima di salutare.

Pensavano di avere capito tutto, ma gli si era gelato il sangue nelle vene non appena visto l’ensemble di animali.

Lo squalo disse: -Benissimo. Se ci vedono anche loro non ti devi più preoccupare di nulla.

-Facciamo così- disse il Varano- Facciamo finta che non sia successo nulla. Facciamo finta che niente stia davvero succedendo. Niente accelerazioni di trama, nessuna esplosione di tensione finale. La mostruosità l’abbiamo già abbondantemente vissuta stanotte. Purtroppo avendo io attualmente questa forma non credo di potervi lasciare alcun autografo, però magari un domani se ne riparla.

Totò, che non era più spaventato dai ragni cominciò a ridere. -Hai capito questo, però dice cose giuste, no? Ha centrato proprio il problema.

Il problema non esisteva più.

I carabinieri se ne andarono.

Epilogo:

Teo si ruppe così tanto le scatole dei discorsi dei suoi amici semi-immaginari e dei suoi amici reali, che riuscì alla fine a smettere con tutto, tenendosi per se solo una blanda dipendenza da nicotina.

Note Finali Para-Didattiche:

Lo Zipeprolo continua ad essere utilizzato ad oggi in Corea. Tra gli effetti collaterali non citati va ricordato l’importante rischio di sviluppare convulsioni (ed eventualmente conoscere Cristo in direttissima come conseguenza di ciò).

Foto di repertorio.