Don Galvano.

A causa della recessione e della pressoché totale mancanza di impieghi lavorativi, anche per un laureato di alto livello quale io ero (mi asterrò dallo specificare la mia qualifica onde evitare polemiche e suscitare odio di classe), ed essendo io fortemente intenzionato a mantenere la mia posizione di disoccupato, freerider, freelancer e freeclimber, accettai il ruolo di aiuto prete di un sacerdote di un comune del meridione.

Un bel respirone dopo un periodo introduttivo così lungo. Non specificherò con precisione di quale comune si tratti per motivazioni simili a quelle che mi hanno portato a non specificare la mia qualifica. Il campanilismo rimane una merda, per quanto quasi sempre giustificabile, perlomeno in una Nazione come la nostra, piena di confini linguistici.

Certamente ad un certo punto della narrazione mi troverò a dover qualificare il suddetto comune, ma il lettore dovrà tener ben presente che la nominazione di tale centro sarà da ritenere assolutamente come fittizia, o quantomeno infedele. Insomma, una mezza presa in giro.

I miei genitori mi lasciarono duecento euro. Lo fecero benché avessero forti perplessità nel merito. Il prete mi inviò un vaglia grosso modo della medesima cifra, per affrontare le spese del viaggio. Viaggiai fino al suddetto comune usando un paio di regionali. I regionali in questione viaggiavano quasi vuoti, anche perché rappresentanti la fascia oraria immediatamente successiva al mezzogiorno, ed è risaputo come nel mezzogiorno la gente non ami recare disturbo alcuno alla propria digestione. Scherzi a parte, si trattava di tratte assolutamente desuete. Se alla partenza il cielo era assolutamente terso, dopo la prima mezz’ora si annuvolò, e raggiunta la destinazione era oramai decisamente plumbeo, con un vago alone giallastro al di sopra della coltre di nubi. Conoscevo quel cielo, l’avevo visto altre volte. In più di un’occasione ero stato portato a considerarlo come foriero di cattive fortune, ma in quell’occasione riuscii a dissociarmi dalla componente emotiva della cosa, e quindi a fottermene il cazzo.

-Don Galvano è molto ansioso di conoscerla!

Il prete aveva mandato la sua perpetua ad accogliermi in Stazione. E che stazione! Una monobinario, tipica delle porzioni di ferrovia scoperte da linea elettrica. Non solo Calabria Ionica, insomma, ma molte altre porzioni d’Italia a quanto pare erano sprovviste di una linea ferroviaria elettrica. Il capostazione riusciva a fumare una nazionale mentre mangiava un enorme panino, diffondendo puzza di sigaretta e mortadella. Il sunto dei due odori però non restituiva un aroma di “mortazza affumicata”, ma più la puzza di un macello nei pressi di una qualche raffineria.

La perpetua era relativamente giovane, sulla quarantina o poco meno. Ero certo del fatto, già ad un primo sguardo, che avesse lungamente lavorato come badante nella nostra Nazione. Evidentemente proveniva dell’est Europa, come lasciava intendere un ormai solo flebile accento residuo, in massima parte sostituito credibilmente da quello del posto.

-Ultimamente qui c’è molto lavoro! Non stiamo mai fermi!

Mi disse.

-Immagino, in un comune così fuori dal mondo ci saranno sicuramente un sacco di incarichi per un Prete, no?

-Ci sono preti e preti! Don Galvano è un prete speciale. Ma non parlo solo di preti o spreti. C’è proprio parecchio lavoro.

Il nome era relativamente atipico. Galvano. Su qualche citofono dovevo averlo già letto, ma nelle veci di cognome, mica di nome.

-Ma Galvano è il nome o il cognome?

-Questa è una delle cose buffe.

-Cosa?

-Don Galvano si chiama Galvano sia di nome che di cognome.

-Se mi permette questa è una cosa buffa per davvero.

-Bello, è bello essere d’accordo.

Un grande entusiasmo ingiustificato.

Mi fece salire su una Citroen 2cv porpora, emanante un certo alone di sfortuna.

Un paio di santini di Padre Pio. Uno mariano. Uno di un Santo con le corna, il cui nome era cancellato. Finiva per -rio. San Gregorio?

-Questa è la macchina di Don Galvano. Gliela invidia tutto il paese.

-Ho sempre preferito la Quatrelle, la Renault 4 insomma. Da me entrambe le auto sono ancora piuttosto comuni.

-Sì, vabbè.

Sì vabbè che cosa? Sì vabbè, il cazzo!

Il suo modo di guidare era a dir poco fastidioso, affrontava a velocità sostenuta il tratto sterrato che conduceva la stazione al centro. Ogni tanto lanciava delle frenate inutili, quasi a cercare lo scontro. Ogni volta mi si interrompeva il fiato. Mi trattenevo dal bestemmiare, sia perché stessi provando a cancellare quell’abitudine, sia per l’ovvio conflitto che si sarebbe potuto innescare dato il mio nuovo lavoro.

-Come mai la Stazione non è al centro della città?

-Questa stazione è molto vecchia. Una volta era una stazione solo per le merci. Il paese vero e proprio è nato dopo.

-Pensavo che sarei finito in una sorta di borgo storico.

-Sì, ma è così.

-No. Le due cose diciamo che non sono compatibili, no?

-No.

-Come no?

-Ma mo capisce tutto. Appena arriviamo da Don Galvano.

Appena posta di fronte ad una questione conflittuale la perpetua rafforzava il suo accento est europeo.

Poteva essere una certa emotività a tirarlo fuori, o forse, più semplicemente un modo paraculo per erigere una barriera comunicativa tra di noi. Tuttavia non avendo alcuna intenzione di avere alcun rapporto, né emotivo, né sessuale con lei, pensai che si trattasse di una peculiarità che non avrebbe fornito spunti per alcuna rottura di scatole.

Certamente mi sarei pentito di una valutazione tanto superficiale, ma alla fine preferii non investire ulteriori energie nel fasciarmi la testa prima di essermela rotta.

Parcheggiò la macchina nella piazza della città. I palazzi erano tutti molto bassi, un paio di piani al massimo. Parevano costruzioni relativamente antiche, o se non altro, così mal tenute da sembrarlo.

-A proposito dell’architettura di questi palazzi, volevo chiederle…

-No, no. Ma guarda, tu puoi chiedere tutto quello che vuoi a Don Galvano. Io non posso rispondere a queste domande, veramente. Non saprei che cosa dirti. Il mio lavoro è un altro.

-Va bene.

Minuto dopo minuto non potevo che realizzare come questa perpetua mi stesse seriamente antipatica, e prendevo atto di come al momento giusto avrei dovuto convincere il prete a rispedirla a casa sua. Il suo modo di fare era indirettamente controllante. Puntava a farmi sentire smarrito. C’era riuscita in pieno, per carità, ma al tempo stesso non ci aveva capito proprio niente.

Don Galvano ci venne incontro, o perlomeno ci venne incontro un anziano signore vestito di nero con un nero cappello e occhiali a montatura sottile e lenti piccole. Ero sicuro che fosse lui, insomma, era proprio vestito da prete!

-Quindi è lei l’aiuto prete giusto?

-Sì, sì. Sono proprio io.

-Ho trovato il suo curriculum entusiasmante.

-Davvero?

-Se quello che c’è scritto è tutto vero, beh, è proprio la persona che stavamo cercando.

-La ringrazio di tanta stima accordatami.

-Solo una cosa non era specificata.

-Mi dica.

-Lei ha ricevuto i sacramenti di battesimo, comunione e cresima, giusto?

-Sì. Se è per questo anche quello della confessione!

-La riconciliazione ha un valore minore. Per questo lavoro bastano quei tre.

-Ecco, a tal proposito volevo chiederle ma… in cosa consiste di preciso questo lavoro? Ho immaginato che si potesse trattare di qualcosa simile ad un bibliotecario, giusto? Ecco, io in termini filologici non è che abbia ricevuto una formazione particolarmente completa, anzi, se posso permettermi l’espressione, ecco, si potrebbe dire che non ne capisco proprio un cazzo!

Si rabbuiò. Non gradiva quel tipo di linguaggio. D’altro canto bettole e chiese non sono luoghi esattamente sovrapponibili, o perlomeno non sovrapponibili in qualsiasi momento storico.

-Cavolo, si insomma, volevo dire cavolo.

-L’importante è essere pronti a fare ammenda. Ad ogni modo il suo compito non sarà quello di bibliotecario.

-E allora?

-Capirà tutto a tempo debito.

Evidentemente l’evasività era una caratteristica comune della gente di questo posto.

-Si, ma ecco, guardi, come dire… Il fatto di non sapere esplicitamente in cosa consiste il mio ruolo mi reca, in un certo senso, una qualche forma d’ansia.

-Guardi, io già non sento molto bene. È l’età. Cerchi di sforzarsi di dire le cose che deve dire col minore numero di parole possibili.

-D’accordo.

-Quanto al suo compito, come le ho già detto, la ritengo più che qualificata.

Dopo questo scambio di battute mi disse che saremmo dovuti andare a cena. Erano a malapena le cinque e mezza del pomeriggio, ma essendo già tutto buio decisi di assecondarlo.

-Nella nostra opera cattolica ospitiamo vari bambini orfani o provenienti da situazioni di forte disagio familiare.

-Forse non è il momento giusto per dirlo, ma odio i bambini. Li considero alla stregua di animali domestici, con la differenza che un gatto non arriverebbe mai ad accoltellarmi, mentre un bambino non vede l’ora. Soprattutto quando si tratta di bambini provenienti dai margini. Di fatto già bruciati.

-Guardi, lei deve capire una cosa. A me delle sue opinioni interessa poco, anzi, le consiglio di non farmele presenti, qualora riesca a rendersi conto del fatto che possano infastidirmi. Mi segue?

-Certo.

Mi sarei tagliato la lingua all’istante. Dopo tutti quei tentativi di trovare un lavoro qualsiasi, tutte quelle lettere inviate, quasi tutte accartocciate e cestinate. A fronte di questo immenso lavoro volto al trovare appunto un lavoro, già dalle prime battute stavo nuovamente lavorando, ma questa volta per farmi cacciare e venire rispedito immediatamente al mittente.

-La prego di scusarmi. A volte non so cosa mi prende.

-Ah, ma si vede benissimo. Lei è uno di quelli che vogliono conformare gli altri alla propria visione del mondo. Una volta fatto ciò, e resi tutti parte della sua corte di idee bislacche, ci metterà meno di un minuto a cambiare nuovamente idea e a cercare di riaddomesticare tutti alla sua nuova visione del mondo, sicuramente antitetica rispetto alla precedente. Il tutto per sentirsi un piccolo sole intorno al quale far roteare il sistema solare di cretini che la circondano.

-Non mi sarei potuto fare a pezzi meglio di così io stesso. La ringrazio per il bel gesto.

-Si figuri, era appunto necessario per ridimensionarla. Rientra tra i compiti di un prete il reindirizzare all’ovile le pecore impazzite, ed in casi estremi, ecco, abbatterle…

-Mi scusi?

-Niente, niente. Ogni tanto mi faccio prendere dai discorsi.

Seduti a tavola la perpetua servì noi ed i sette bambini della missione.

-Le dirò i nomi dei bambini una sola volta, faccia attenzione e li memorizzi subito. Dalla sinistra alla destra: Dusco, Daspa, Geova, Castaldo, Asdrubale, Muraglione, Spinone.

-Scusi, ma in queste lande non è d’uopo nominare i figliuoli con nomi da calendario? Da Santi insomma?

-Le ho detto che sono bambini che vengono da situazioni ai margini. Se ha tutta questa voglia di rinominarli un giorno ci possiamo accordare. Si prenda un calendario, faccia un poco di ricerche sui nostri santi cattolici, e capisca quale nome assegnare a quale bambino, a seconda della virtù che ciascuno di loro condivide con un dato santo.

-Abbia pazienza, ma questi bambini sono battezzati o meno?

-Non ancora.

-E che ci fanno qui dei bambini non battezzati?

Lo stavo facendo ancora, questa volta per una motivazione diversa. Non per conquistare il mio avversario con un pensiero contorto, ma per vendicarmi della precedente strigliata.

-Ora mi sta irritando. Ma se ne sarà reso conto da solo, giusto?

-Sì. Mi scusi nuovamente.

Un primo di pasta e piselli. Un primo brodoso e ricco di cipolla, con alcuni pezzi di prosciutto.

-Se mi posso permettere la prossima volta potrei cucinare io stesso!

-Non si deve permettere. Mai.

Abbassai la testa nel piatto.

Ci venne servito il secondo. Un anemico petto di pollo con un contorno di pomodorini.

La perpetua mi si avvicinò dicendomi: -Qualcosa da ridire anche sul secondo?

Non risposi.

Don Galvano fece segno di lasciarmi stare.

Alle otto e mezza il sacerdote ci fece presente che dovevamo andare a dormire, non prima di averci spiegato le differenze tra i vari Sant’Antonio. L’unica cosa che ero riuscito a capire era che Sant’Antonio da Padova era bello che calvo, mentre Sant’Antonio Abate comandava il fuoco a bacchetta.

Arrivato nella mia stanza, poggiato sul letto, mi addormentai di sasso, probabilmente per via della stanchezza. Prima di mettermi a dormire già mi preparavo a far i conti con l’insonnia, e invece…

Tuttavia mi svegliai verso l’una di notte, con una sete mai avuta prima. Sono solito bere lo stretto indispensabile nel periodo invernale.

Arrivai in cucina e vidi Don Galvano in atteggiamenti quantomeno equivoci con la perpetua. Mi ritrassi imbarazzato. In che senso mi ritrassi? Mi feci indietro e tornai verso la stanza, rassegnato a bere dal rubinetto del bagno comune. Don Galvano mi seguì e mi raggiunse in corridoio.

-Forse siamo partiti col piede sbagliato. Quello che volevo dirti è che come prete penso di essere un prete di buon livello, ma comunque, benché prete, sono un prete solo dalla cinta in su.

Un prete pragmatico. Forse ipocrita, ma non avevo mai fatto mistero delle mie simpatie rispetto alla possibilità di far sposare i preti. Secondo i cattolici più estremisti il fatto che un prete potesse avere dei rapporti sessuali ne indeboliva di sicuro i poteri magici, ma non avendo una formazione precisa in merito, e figurando certamente come ignorante rispetto alla questione, sorvolai.

-Don Galvano, io la capisco. Inoltre lei è un uomo di una certa età. Magari è più un affetto fisico che lei cerca…

-No, vabbè, non mettiamola proprio così. Rimaniamo, tra noi, che continui a farti i fattacci tuoi. Buona notte.

L’indomani feci colazione alle sei e mezzo con Don Galvano, la perpetua e i vari bambini. Mi venne offerto un enorme tazzone di cappuccino, con un cornetto alla crema di oltre trecento grammi.

-Cavolo, che cornettazzo.

La perpetua mi fece presente di non pronunciare mai parole terminanti per -azzo davanti ai bambini.

La parte più adolescenziale di me sentiva forte la necessità di polemizzare su questo ulteriore divieto, ma tutta quella crema nel cornetto, e tutta la schiuma nel cappuccino furono ampiamente sufficiente a donarmi una grata resa.

Una colazione assolutamente di livello. Si erano decisamente rifatti rispetto alla cena della sera prima.

-Quindi Don Galvano, il nostro lavoro di preciso in cosa consiste? Io ho frequentato il catechismo e ho ricevuto i sacramenti, ma insomma, durante una funzione religiosa non saprei proprio come raccapezzarmi.

-I tuoi compiti non riguardano nulla di inerente alcuna funzione religiosa.

-E allora?

-Nel nostro comune, Mazzaferrata, abbiamo un problema. Un problema col sindaco.

-Ah, insomma, una di quelle storie alla Peppone e Don Camillo. O forse addirittura alla Don Matteo e quell’attrice rossa con gli occhi verdi… molto carina. Non mi ricordo il nome. Quella del Bagaglino. Ah, si, Milena Miconi!

-Guarda, io ti chiedo solo un favore. Non ridicolizzare tutto quello che dico e che faccio. Abbi rispetto e insieme ci troveremo bene. Però per favore non buttare tutto in caciara. Non odiare Dio, non odiare i preti, non odiare la nostra missione. Abbi rispetto, e comportati cristianamente.

-Vabbè, insomma, io volevo solo fare una battuta.

-Evita.

Il cappuccino era eccezionalmente buono. La panna montata davvero a dovere. Beh, non la panna, la schiuma insomma. Non riuscivo a credere che quella donna così grossolana avesse potuto realizzare un simile cappuccino.

-Scusate, ho un’altra domanda. Questo cappuccino chi l’ha fatto?

Il prete mi fulminò con lo sguardo.

-Passi di palo in frasca. È importante chi abbia preparato quel cappuccino? Il nostro problema col sindaco è che il sindaco si è messo apertamente in sfida con Dio.

-In che senso? Bestemmia a pressione?

Si incupì ancora.

-Non hai proprio capito eh?

-Sì, sì. Ha ragione. Non devo avere questo atteggiamento oppositivo. Le prometto che non lo farò più.

Più mi intimava di comportarmi nel modo giusto e più sentivo naturale lo stimolo di fargli saltare i nervi. Si trattava sempre dell’eterna opposizione tra giovani e vecchi. Tipo Pantalone contro Brighella. Tipo i vecchi che zittiscono continuamente i giovani, ed i giovani che fanno impazzire i vecchi con differenti combinazioni tra nastro isolante e campanelli. Dopo gli eventi a cui avevo assistito durante la notte, era lecito che io considerassi di avere guadagnato un enorme potere contrattuale. Malgrado ciò non avrei mai ricattato Don Galvano, a meno che non fossi stato per qualche ragione direttamente ricattato da lui. Non mi sarei astenuto dal farlo solo perché era un religioso, ma proprio perché io incapace di comportarmi in questo modo con un’altra persona.

Uno dei bambini mi chiese: -Ma tu lo sai che il sindaco è un apostolo di Satana?

-Scusa bambino?

Don Galvano zittì il bambino immediatamente.

Rivolgendosi a me: -Abbiamo un problema col sindaco. Un problema grave. Non sappiamo fin dove voglia spingersi.

-Non capisco.

-Il sindaco, tale Liberato Bigatti, ha avuto una lunga carriera politica nel nostro paese. Un buon uomo che per molti anni si è interessato a varie questioni ambientali, difendendo il nostro patrimonio naturale…

-Insomma, una brava persona!

-Insomma… Cinque anni fa è morta sua moglie. È stato un duro colpo per lui. Inizialmente sembrava aver retto bene alla cosa. Si dimostrava gioviale e allegro dopo l’accaduto, anche ai limiti dell’opportuno. Addirittura qualche maligno nel paese diceva che potesse essere stato lui ad ucciderla, rispetto al come sembrava aver superato agilmente la cosa.

-Scusi, non capisco. Ma come è morta la moglie?

-Un’infezione. Una specie di infezione.

-In che senso un’infezione?

-Un’infezione delle parti basse. La definirono una specie di… infiammazione della pelvi. Una febbre che durò molti giorni. La signora non ce la fece.

-Non capisco. Ma qui siamo forse nel medioevo?

-Il dottore del paese disse che non aveva mai visto niente del genere. La signora venne portata in un ospedale in città, ma… Insomma, accadde il peggio.

-E il marito, la prese bene?

-Te l’ho già detto. Inizialmente sì, sembrava non essere stato minimamente toccato dalla cosa. Ma io, parlandoci spesso, avevo capito che si trattava di un modo per soffocare il problema. Mesi dopo seguì la depressione, quella vera. Si dimostrò assente in municipio per qualche tempo. Il medico del paese lo mandò a parlare con uno psichiatra, ma Liberato si rifiutò. Dopo qualche mese di completo ritiro sociale, il consiglio comunale si preparava a farlo cadere dal ruolo di sindaco, benché più o meno consci del fatto che tale accadimento l’avrebbe potuto condurre ad un dolore ancora maggiore, e forse addirittura meno gestibile.

-E poi?

-E poi tornò, nel pieno dell’inverno. Indisse un comizio nella piazza della città. Un comizio serale, in una serata di puro gelo. Si presentò in pantaloni, camicia a maniche corte e cravatta. Nessuno lo vide tremare. Aveva degli occhi… degli occhi diversi. Sembrava aver intrapreso una qualche forma di cammino.

-In che senso di cammino?

-Sembrava essersi in qualche modo addentrato nell’ombra. Forse tramite qualche setta, forse tramite la lettura di un qualche testo occulto, o magari semplicemente la malattia aveva germogliato nell’ombra del suo animo si preparava a fiorire.

-Non la seguo più. Ma cosa disse durante questo comizio?

-Ci parlò della realizzazione di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti organici. Diceva di aver trovato un finanziatore privato. Un enorme impianto che sarebbe sorto alla periferia della nostra città, in cui si sarebbero trattati i rifiuti organici provenienti anche dai comuni limitrofi. Disse che con questo sistema saremmo riusciti in breve tempo a pareggiare il bilancio comunale, e che ciò avrebbe portato finalmente prosperità nel comune di Mazzaferrata. Gli inverni rigidi degli ultimi anni, e le estati eccessivamente piovose o ricche di grandine avevano più volte distrutto i raccolti, e come dire, la nostra comunità si trovava in un momento di indigenza. La frase che fece scattare il delirio in paese fu: -Aboliremo la tassa sulla spazzatura. La gente era letteralmente impazzita di gioia all’idea.

Un livello di meridionalità di gran lunga maggiore di quello con cui mi ero confrontato nel mio comune di origine. In quale parte d’Italia l’economia è ancora così strettamente legata all’agricoltura?

-Guardi, io per varie ragioni, che non sto qui a dirle, mi sono in passato occupato proprio di smaltimento di rifiuti organici. Che tipo di impianto voleva il realizzare il sindaco?

-Che tipo di impianto ha realizzato vorrai dire. Un impianto di trattamento dei rifiuti attraverso l’utilizzo di certi insetti, le cui larve, prometteva, avrebbero, in tempi davvero esigui, estinto ogni forma di rifiuto organico che avessimo gettato loro.

-Una mosca nera senza bocca nello stato adulto. Vagamente irridescente. Dalla forma di vespa.

-Sì.

-Hermetia Illucens.

-Ma lei come fa a saperlo!?

-Le conosco bene. Avevo… uno di quei bidoni per il riciclaggio.

-Ah.

-Vabbè, insomma, a me sembra un’ottima idea comunque, questa dell’impianto di trattamento rifiuti organici, no?

-Lei deve immaginarsi la scena. Un uomo distrutto dal dolore, con una faccia da pazzo, con un abbigliamento assolutamente inidoneo al clima, che parlava a braccio, in modo quasi delirante, della soluzione a tutti i problemi della nostra comunità. L’equazione che ne usciva fuori era quella di un mostro il cui corpo era formato da milioni di larve, in grado di convertire la spazzatura in concime. Lei potrebbe parlare di un mostro buono, ma sempre di un mostro si tratta.

-I vostri concittadini lo presero sul serio?

-Sulle prime erano dubbiosi. Dopo poco tempo però una larga fetta della popolazione decise di appoggiarlo, soprattutto per l’aspetto relativo alla diminuzione delle tasse. Effettivamente i finanziamenti arrivarono, e l’impianto venne costruito.

-E allora?

-Già in quell’occasione si manifestarono delle stranezze.

-Cioè?

-Il gelo su quel palco gli mangiò un paio di dita. Gli vennero dei brutti geloni, che peggiorarono e obbligarono il sindaco, lo so per certo, ad amputare due dita. L’indice ed il medio della mano destra. Ma tale circostanza era sconosciuta ai più.

-Cavolo… che brutta cosa.

-Non tutti erano a conoscenza di questo fatto. Credo solo io ed il dottore del paese.

-Ok, ma a parte questo?

-Beh, al sindaco pare che quelle dita siano ricresciute.

-Cosa?

-Ora ha tutte e cinque le dita della mano destra. Non le pare strano?

-Beh, è una cosa certamente strana. Non so proprio come spiegarla.

-Io una spiegazione ce l’avrei invece.

-Cioè?

-Mi lasci andare avanti.

Don Galvano mi aveva intimato di non insegnare alcuna parolaccia ai bambini, eppure davanti a loro stava raccontando questa storia raccapricciante, che diventava sempre più macabra parola dopo parola.

-Il sindaco conquistò nuovamente la simpatia dei nostri concittadini. A me sembrava palese che però non fosse più la stessa persona. Il suo modo di fare era diventato eccessivamente disinvolto, non parlava mai della moglie morte, ed al contrario sembrava avere guadagnato delle sinistre doti da seduttore.

-Un vedovo allegro insomma!

Il solito sguardo intimidatorio del prete mi indusse a frenare le mie battute di circostanza.

-Vinse le elezioni per la seconda volta, e mandò a casa tutti i suoi precedenti “servitori infedeli”. Quando l’impianto venne realizzato molti nostri concittadini vennero assunti a lavorarci. Riuscì ad occupare oltre cento persone, nei vari settori di questa sorta di fabbrica al contrario. Si figuri che il nostro paese a malapena supera i mille abitanti. Un simile numero di impiegati rappresenta una bella cifra.

-Fuor di dubbio.

-Era certamente riuscito nella sua opera messianica. Tuttavia più passava il tempo più la sua morale diveniva fosca. Nel paese i più assidui frequentatori della parrocchia mi riferivano di come il sindaco si circondasse di ragazzine. Si parlava addirittura del fatto che usasse la droga come mezzo di ricatto, per potersi avvantaggiare di loro.

-Avvantaggiare di loro? In che senso?

-Poterne usare le carni per la propria soddisfazione.

Don Galvano sapeva di non potere fare troppo il moralista con me dopo che avevo scoperto la relazione con la perpetua. Ma forse si trattava di un tale segreto di Pulcinella da non fargli minimamente temere lo scandalo.

-Vabbè, ma alla fine, questo Sindaco, tra l’altro vedovo, non aveva diritto a sedare in qualche modo tutto quel dolore?

-La storia non è ancora finita.

Capita che soddisfatto un desiderio creativo, si spenga tutto quell’apparato di coscienza funzionale appunto al creare. Come se il processo creativo funzionasse come un bisogno sessuale o una qualsiasi altra dipendenza. Questo è un problema, un problema serio, un problema vero, che riduce l’atto creativo alla mera espletazione di un bisogno. Dove sta la differenza con una cacata? La digressione si fa necessaria, perlomeno per porre un distinguo tra queste due cose, o se non altro per mettere in luce la possibilità che, in maniera esattamente opposta, o perlomeno circolarizzata, esista un sistema in cui il desiderio creativo non si auto-estingua, ma al contrario si alimenti da se, continuando a bruciare senza spegnersi.

-Ok, quindi?

-Niente, andiamo in Municipio.

-Scusi, ma mi lascia a metà storia?

-A tempo debito tutto sarà chiaro.

Un fortissimo “graziealcazzo” mi rimase bloccato in gola.

Io e Don Galvano, nella 2 cavalli precedentemente citata, andammo in municipio a parlare con Sindaco.

Il capo della municipale giocava a Shangai da solo. Era arrivato ad un elevatissimo livello di concentrazione, pareva fermo parkinsonicamente, studiando la sua prossima mossa.

Il prete mi fece cenno di passare oltre. Poi aggiunse: -Si allena notte e giorno. Vuole diventare il migliore. Da ragazzo aveva ambizioni da chirurgo. Questo è il suo personale modo di pareggiare i conti con la vita e con la precisione.

-Capisco.

Bussammo alla porta del sindaco.

Entrammo nello studio.

-Salve Don Galvano, come va? Questo qui con lei chi sarebbe?

-Il mio nuovo assistente.

-In che senso assistente?

-Nel senso che mi assiste nella mia attività lavorativa, ed assesta i miei sbalzi d’umore. Stempera le mie arrabbiature con delle battute divertenti, e mi riporta alla serietà quando mi faccio prendere dalla riderina.

-Davvero?

-Più o meno.

-Canta nel coro della Chiesa? O dovrei dire del fù coro della Chiesa.

-Il coro tornerà presto in attività, ma non è quel tipo di assistenza che questo giovane mi presta.

-Ah, insomma, collabora con la sua perpetua/badante.

-Niente affatto.

-Ah, ecco, allora ho capito. La deve aiutare nelle sue ricerche fuori di senno, eh?

-Insomma, sì.

-E cosa volete da me questa mattina?

-Farle semplicemente alcune domande.

-Ah, delle domande? E inerenti che cosa?

Il sindaco si era alterato in pochi secondi. I suoi occhi da calmi e riposati erano diventati ardenti ed in piena midriasi, come se di colpo, inspirando, gli fosse partito qualche granello di cocaina rimasto impigliato nei peli del naso. D’altro canto pareva piuttosto a suo agio all’interno di quella tracotanza aggressiva. Evidentemente l’idea di fare a pezzi Don Galvano, o eventualmente i suoi collaboratori suscitava gli stessi sentimenti determinati dal passaggio di un topolino nel campo visivo o uditivo di un gatto. Forse accarezzava l’idea da tempo. Se fosse stato davvero un apostolo di Satana la rotta di collisione con un prete così animoso sarebbe dovuta essere inevitabile.

-Il ragazzo ha pronta una lista di domande da farle, a proposito di lei sa che cosa.

Evidentemente il prete si poggiava sulla mia capacità di intraprendenza ed improvvisazione. Erano anni che avevo smesso di approcciarmi alla vita in quel modo così impulsivo. Di fatto si trattava di mimare il mio avversario, poiché in un certo modo appariva simile a quello che ero stato in precedenza.

-Allora, signor Sindaco, innanzitutto mi presento. Mi chiamo Antonio, sono collaboratore di Don Galvano.

-Ecco, proprio questo mi interessava, che tipo di attività lavorativa la lega a Don Galvano?

-Mi occupo in un certo senso, abbastanza lato, di agraria, con un occhio di riguardo all’entomologia, nei suoi vari aspetti. Secondariamente però mi occupo anche di fantasmi, e disinfestazioni. Quanto alle disinfestazioni intendo sia quelle interessanti artropodi o sorci, sia quelle più propriamente inerenti i fantasmi.

Quella parola, entomologia, aveva suscitato in un lui un ribrezzo misto a paura, apprezzabilmente simile a quello che una discussione di tematica psichiatrica suscita in coloro che in qualche modo con la psichiatria hanno avuto a che fare.

-Sì, va bene, ma quindi il suo ruolo quale sarebbe?

-Consulenza a riguardo delle colture locali. Valutazione di installazione di apparati di produzione energetica eco-sostenibili. E poi molte altre cose, una panoramica a trecentosessanta gradi delle scienze umane, insomma. Ah, ecco, possiamo partire con le domande?

-Sentiamo, sentiamo. Seppur io sia certo di parlare con degli scellerati, viste anche le precedenti occasioni di confronto col suo prete pretucolo.

Don Galvano fece una smorfia di rabbia ma si trattenne.

-Mi hanno detto che lei ha fatto installare in questo comune un sistema di smaltimento dei rifiuti organici utilizzante delle larve di Hermetia illucens. Ecco, vorrei visitarlo! Nella zona da cui provengo si parlava di produrre un impianto del genere, e magari visitandolo potrei capire qualcosa in più del funzionamento di un simile impianto, e, dicendola all’inglese, potrei riportare un certo “know how” al mio mittente.

-La cosa è assolutamente da escludere. Nel nostro impianto vi sono delle tecnologie tali da non poter essere divulgate.

-Che cosa? Ma come è possibile? È forse un impianto militare? O ci sono dei grossi investitori stranieri? Alla fine sono solo degli insetti che mangiano la spazzatura!

-Lei cosa vuole? Parla come un giornalista. È forse un giornalista? Magari uno di quei giornalisti complottisti che fraintendono, distorcono la realtà a proprio uso e consumo e la diffondono in forme paranoiche al popolino, pur di screditare chi come me, con le proprie abilità, è riuscito a concentrare il potere per fare del bene alla propria comunità.

-Tecnicamente in questo momento storico è relativamente facile per chiunque portare alla luce uno scandalo in tempistiche brevi, utilizzando ad esempio intercettazioni o registrazione ambientali.

-Figlio di puttana, hai un registratore?

Il sindaco sbattè le mani sul tavolo, e gli occhi gli si iniettarono di rosso.

-Esci immediatamente da questa stanza. Uscite immediatamente da questa stanza.

-No, guardi, forse ha frainteso. Io sono la persona più tranquilla del mondo e non ho alcun registratore in registrazione.

-Che garanzie ho io? Il prete so per certo che mi vuole fare la pelle, e tu sei suo assistente. Non vedo perché tu non debba essere in combutta con lui. Magari sei anche la sua puttana.

-Faccia uscire dall’ufficio Don Galvano, così che io e lei si possa parlare più tranquillamente.

Don Galvano protestò:

-Ma come ti permetti di fare una richiesta del genere? Tu lavori per me.

-Don Galvano, esca.

Il sindaco glielo fece presente nuovamente e Don Galvano uscì dall’ufficio.

-Quello che volevo dirle io, caro Sindaco, è che è palese che il prete sia fuori di testa. Ma dico proprio completamente fuori di testa, quindi tutte le sue cazzate esoteriche lasciate sul campo non hanno nessun valore, e sicuramente nessuna pericolosità. Se lei vuole, inoltre, mi può sganciare diciamo una piccola somma. Cinquemila euro, ed io, a maggior ragione, mi faccio i cazzi miei su tutta la faccenda, e agisco da depistatore per il prete fino a quando non mi manda affanculo. Anzi, le dirò di più, invierò varie recensioni del suo super-impianto super-eco-sostenibile a tutte le testate che si occupano di ecologia.

-Ma con chi credi di stare parlando?

-In che senso?

-Io se voglio ti faccio sparire in mezz’ora. Ma dalla faccia della terra. Ti faccio scomparire e poi sciamare via.

-Ah, ecco. Quindi lei diciamo che mi sta suggerendo che l’impianto di compostaggio, grazie alla sua enorme efficienza, può essere utilizzato per smaltire… come dire… diciamo dei cadaveri?

-Era a questo che volevi farmi arrivare?

-Insomma. L’approccio che mi ero dato era appunto quello dell’albero delle infinite possibilità. Se mi avesse dato i cinquemila euro appena richiesti, io avrei ben accettato il compito da me propostole, giustamente. Però insomma, fino a quaranta secondi fa mica credevo di trovarmi davanti un simile pollo!

Il sindaco sbiellò del tutto e mi tirò in faccia un posacenere. Mi schiantai verso la porta ed uscii dall’ufficio.

-Don Galvano il sindaco è sbiellato!

-Scappiamo.

Uscimmo dal municipio ed entrammo in macchina.

-Ma cosa ti ha detto il sindaco?

-Io mi sono proposto come spia per la modica cifra di cinquemila euro, e quel coglione mi ha detto che mi avrebbe fatto mangiare dalle larve del compostaggio.

-Quindi l’ha ammesso?

-Eh sì.

-L’hai registrato?

-Certo che no.

-Perché no?

-Non intendo ricorrere a simili artifici. Inoltre non è detto che noi si possa sollevare in tempo un simile polverone. Vogliamo davvero scatenare i talk show contro il Sindaco, e accertarci con le nostre mani di poterlo spedire nel suo regno d’appartenenza, ovvero l’inferno?

-Ragazzo, hai un’impostazione sbagliata. Non siamo vendicatori, ma servitori della giustizia.

-Quindi operativamente come dobbiamo muoverci?

-Mi pare che abbiamo già dato una grossa sferzata. Nel castello di Kafka non si arrivava mai a confrontarsi con l’autorità. Qui ci siamo arrivati subito.

-La modernità impone dei tempi diversi. Soprattutto quando c’è uno spazio di pubblica udienza della carica politica in considerazione. Certo, se avessi registrato tutto il discorso ora l’avremmo già potuto sputtanare.

-Tu credi di aver ottenuto delle informazioni dal nostro avversario, invece sei stato tu a fornirgliene.

-Certo, ora lui sa che sappiamo. Sa che sappiamo con preicisione.

-Ecco, ma ciò per noi è solo uno svantaggio.

-Dipende sempre dal punto di vista. Ora lui comincerà a sbattere, sentendosi braccato, e mandandoci dietro qualche cane.

-Nella curia ci sono dei bambini. Potrebbero farli fuori per rappresaglia.

-Non credo che si spingerà troppo in là. Il rischio di finire sui giornali è grosso.

-Il rischio di far finire cosa? Non abbiamo prove, se non la tua testimonianza.

-Certo, ma potremmo ottenere delle prove a breve, proprio a causa di questo cambio di ritmo.

-Hai combinato un bel casino.

-A dire il vero il casino l’ha combinato lei dandomi spazio. Se non mi avesse chiesto di fare delle domande al sindaco non sarebbe successo niente di tutto ciò. Le ho già dato modo di familiarizzare con i miei difetti caratteriali.

-Non prendere le distanze dalle tue azioni.

-Certo che no.

Don Galvano mi fece presente che dovevamo andare a vedere delle famiglie che abitavano in un comprensorio di case dove accadevano strani avvenimenti. Soprattutto legati ad autocombustione e spostamento di oggetti.

La famiglia Frangispigoli era la prima con cui avevamo a che fare in questo piccolo tour del para-normale formato provincia.

Ero certo che Don Galvano non avesse capito un cazzo della situazione. L’atteggiamento corretto dopo aver provocato il sindaco sarebbe stato di nasconderci da qualche parte, attendendo la mossa del nostro avversario, ed eventualmente incastrandolo o neutralizzando i suoi succedanei.

Al contrario, Don Galvano, decise di non interrompere la sua routine. Come per non mostrarsi spaventato. Come a voler gridare a gran voce che noi non ci saremmo sottratti al ruolo di topolini per il gatto, o di bersagli lentamente ambulanti e ben esposti per un cecchino di livello.

La nostra morte sarà molto più banale. Un’auto davanti, un’auto dietro, e proiettili a volta.

La signora Frangispigoli ci apparve come piangente, con gli occhi gonfi e le gote rosso purpureo.

-Non potete capire, è sempre la stessa storia. Mario non sa più se sta impazzendo lui o se è proprio la casa e tutto il resto… dopo tanti sacrifici…

Don Galvano fece forza alla signora.

-Si calmi signora. Abbiamo già appurato che non è colpa sua o di suo marito, ma di queste presenze. Ne abbiamo ampiamente parlato. Non è un lavoro per dottori, ma per preti questo. E per un particolare tipo di prete.

Don Galvano sorrise, cercando di rassicurarla. Finalmente si stava qualificando davanti a me per quello che era: un esorcista.

Forse si attendeva da parte mia una sorta di esternazione di sorpresa e di felicità, inerenti la galvanizzante novità dell’esser assistente non di un prete qualsiasi ma di un prete esorcista.

Il fatto però è che io già lo sapevo, prima ancora di conoscere Don Galvano di persona. Come? Insomma, viviamo in una modernità che mezzo compiuters permette di investigare con una certa facilità alcune blasonate personalità.

-Sì, Don Galvano, io già lo sapevo che lei fosse esorcista.

-E come?

-Sul sito della diocesi c’era un trafiletto proprio su di lei.

-Quindi hai accettato il posto per tale ragione?

-Io mi sono proposto per il posto per tale ragione.

-Lei ha letto in qualche modo i miei precedenti rapporti di collaborazione con alcuni municipi. Mi occupo di questo, ecco.

-Allora faccia pure le domande di rito alla signora. Sono qui per imparare.

Ci sedemmo. La signora piangeva ancora, il marito guardava per terra. Il figlio, molto alto e molto estraniato, con una testa eccezionalmente grossa, ci ignorava e provava ad ignorare il mondo intero.

-Allora, se ho capito bene voi avete assistito a dei fenomeni di autocombustione ed incenerimento, giusto?

-Sì.

Rispose la signora.

-Abbiamo avuto una poltrona che da sola si è accesa varie volte, tutte davanti a noi. Siamo riusciti comunque con dell’acqua a spegnere ogni volta i fuochi.

Mi mostrò il bracciolo della poltrona segnato da varie bruciature. Alcune delle quali non molto estese ma anche grandemente profonde, come se il fuoco fosse stato appiccato dall’interno dell’oggetto.

-Quindi signora, cosa altro è successo?

Una notte siamo stati svegliati dal phon. L’abbiamo trovato acceso al massimo della potenza, staccato dalla spina e con le scintille che uscivano. Subito dopo ha preso fuoco. Per fortuna ha smesso di funzionare e di fare scintille una volta incendiato. Siamo riusciti, seppur in lacrime, a spegnerlo.

-Immagino che la cosa non sia stata molto carina.

-No, per niente. Ma almeno sono finite quelle altre cose…

-Mi scusi?

La signora smise di rispondermi, Don Galvano mi fece cenno di non insistere.

Cominciò la sua recita, dopo aver estratto una acquasantiera.

-Mi rivolgo alle virtù angeliche affinché vengano allontanate le tracce dei rimasti, o peggio ancora, della presenza della spira del serpente ipogeo.

-Il serpente ipogeo sarebbe Satana?

Il prete mi fece cenno di non interrompere la sacralità del rito. Il gesto in sé era fraintendibile però, è poteva essere ancor più efficacemente sintetizzato come un semplice “vaffanculo”.

Terminato il rituale mi invitava ad uscire di casa. Salutammo i presenti ed andammo via.

-Vedi Antonio, ancora non sappiamo se questi avvenimenti siano connessi ai magheggi del Sindaco.

-Intende una specie di risonanza maligna?

-Non so chi ti abbia insegnato termini del genere, però, grosso modo sì.

Proseguimmo il giro. La successiva abitazione era quella della famiglia Ivanazzi.

Nutrita prole, almeno sette figli.

La coppia era anche giovane, avevano al massimo trentacinque anni.

-Ahah, vi siete dati da fare eh?

Riferendomi ai bambini.

-La coppia si girò verso il prete, quasi a lamentarsi del mio essere così diretto. Quasi a chiedermi, indirettamente: -Ma che cazzo vuoi?

Il marito si girò verso di me e mi chiese: -Scusa, ma a te cosa ti interessa?

-Niente, era un modo per rompere il ghiaccio in queste situazioni un poco tese. Comunque se non ho capito male ci stanno degli episodi, come si dice psicotici? No, scusa, mi sono confuso, volevo dire ectoplasmatici. Plasmatici e psicotici. Ecco com’è che mi ero confuso.

Don Galvano me lo disse esplicitamente: -Devi avere rispetto per le persone. È inutile che vieni a fare il professorino per prendere in giro la gente. Sei noioso e fuoriluogo.

Un bello scappellotto mi ricondusse nel giardino dell’educazione.

I coniugi Ivanazzi ci offrirono una tisana calda, con alcuni biscotti.

I biscotti erano economici biscotti al burro da discount, ma per via del loro essere guarniti di cioccolato figuravano comunque come molto appetitosi.

-Quindi, insomma, ricomponendomi, vorrei chiedervi, ma che tipo di problemi avete avuto in casa?

-Spesso ci siamo trovati a litigare, anche in modo grave.

-Come mai?

-Abbiamo anche detto ai bambini che erano bugiardi, mentre loro erano solo testimoni delle stranezze che avvenivano in casa.

-Sì, ma ecco, da un punto di vista strettamente pratico cosa succedeva?

-La roba si spostava. Qualsiasi oggetto della casa poteva sparire e ritrovarsi in un altro posto. All’inizio erano solo i libri, che ogni certo numero di giorni potevano presentarsi in modo sfalsato. Una mattina li abbiamo ritrovati ordinati in ordine alfabetico per nome dell’autore, un’altra per cognome dell’autore, poi ancora per titolo del libro, articoli esclusi. Poi la cosa si è estesa agli abiti, ma fino a là non c’erano grossi problemi. A parte la paura.

-Quando sono arrivati i problemi?

-Diciamo che da un certo punto in poi ci siamo trovati con lo zucchero ed il sale perennemente mescolati assieme. Non c’era modo di risolvere il problema. Facevamo attenzione ogni volta a svuotare e lavare i contenitori, ma si trovava sempre zucchero nel sale, e sale nello zucchero. Alla fine siamo stati costretti a buttare i contenitori di riempimento ed utilizzare le confezioni in carta e cartone originali. A quanto pare le presenza voleva che facessimo quello. A quel punto si sono placati.

-Insomma, dei simpaticoni.

-Ci eravamo quasi convinti anche noi di questa cosa. Fino a quando mio marito non si è fatto la doccia trovandosi abraso dal bagnoschiuma, che fumava come se dentro ci fosse stato dell’acido. Guardacaso l’idraulico liquido lo trovammo svuotato.

Non riuscii a trattenermi dal dire:

-Ecco, ma a questo punto perché non dubitare del fatto che uno dei vostri figli sia la fantomatica presenza, ed in qualche modo voglia attirare la vostra attenzione, o forse, semplicemente, farvi fuori?

-Come si permette! Un padre non dovrebbe mai dubitare dei propri figli.

Il signor Ivanazzi cominciò a piangere. Pensavo che mi era andata bene, e che mi sarebbe potuto saltare al collo invece.

Don Galvano mi guardò come a rimproverarmi nuovamente.

-Ok, scusatemi. Ne deduco che in qualche modo la questione ha già ampiamente destabilizzato i vostri equilibri familiari.

-Quando succedono certe cose, prima di convincersi di avere i fantasmi in casa, è molto più facile prendersi a coltellate.

-In che senso?

-Non siamo arrivati alle coltellate, ma gli indizi inerenti tutte queste stranezze portavano a nostra figlia Lucia. Abbiamo sospettato di lei e l’abbiamo punita. La ragazza era solo testimone di queste “stranezze”, ma noi evidentemente abbiamo preferito credere di avere una figlia pazza anziché la casa infestata. Ebbene, alla fine Lucia si è esaurita, ed ha smesso di parlare da quel giorno. Noi invece continuiamo a dividere la nostra casa di proprietà con queste presenze.

Don Galvano riprese la parola:

-Ve l’ho già spiegato. Con l’esorcismo tamponeremo il problema. Ma il male primigeneo va estirpato. Le colpe sono tutte del Sindaco…

-Padre, lei non lo capisce. Il Sindaco ha corrotto tutti col suo modo di pensare. È un diavolo tentatore, e prima che riusciate a torcergli un solo capello finirete sottoterra. Dobbiamo rassegnarci a questo presente senza speranza, e cullarci nel ricordo di quando si viveva in un passato felice, seppur senza troppi agi, ma di sicuro senza questi tormenti e terrori.

Non riuscivo proprio a comprendere il nesso tra queste ipotetiche case stregate e l’impianto di compostaggio del sindaco. Certo, il discorso della risonanza maligna era affascinante, ma trovavo molto più realistico il fatto che a Mazzaferrata la gente stesse impazzendo. Alcuni deliri possono avere carattere quasi infettivo, altri invece hanno proprio una natura infettivologica. Parassiti soprattutto. Una trama già sentita.

-Don Galvano, a me sfugge il nesso.

-L’auto-eletto signore delle mosche sta palesemente provando a richiamare su questa terra il vero signore delle mosche. Noi tutti che abitiamo in questa vallata, siamo poco più che un’offerta sacrificale.

-Non riesco però a quantificare la dimensione della cosa.

-Penso che dovrebbe essere nostro interesse evitare di arrivare a scoprirlo, non credi. Dovremmo fermare il piano del Sindaco prima.

Una popolazione costretta a scegliere tra bastone e carota. A fine corsa ci saranno comunque bastonate per tutti. Perché assecondare un personaggio del genere quale è questo sindaco fuori di testa? E perché, soprattutto, assecondare un fulminato quale Don Galvano?

Si trattava in ogni caso di un atto di fede.

-Don Galvano, io credo in lei. Le offrirò tutte le mie conoscenze del caso. Insieme ce la faremo.

-La fai facile.

Il prete procedette col rito.

Ce ne andammo. Si congedò dicendo: -Prima o poi le presenze spariranno, e la favella tornerà nella bocca di Lucia. Non fatele mancare l’affetto che serve ad una ragazza della sua età.

-Io non capisco questa cosa della ragazza, dei fantasmi e dell’esaurimento.

-Quando ti ho detto che come prete avevo parecchio lavoro da sbrigare non scherzavo.

-Io però rimango dubbioso su come si muoverà il sindaco.

-Sicuramente qualcuno è sulle nostre tracce.

-Sicuro.

-E cosa dovremmo fare secondo te? Ucciderli?

-Un prete ed un esperto d’agraria non dovrebbero scannare degli scagnozzi d’un sindaco para-satanista come dei qualsiasi criminali comuni, no?

-Che intendi dire?

-Niente, suggerivo un’opzione soft.

-Spiegati!

-Attirarli su un crinale di montagna, costringergli ad inseguirci, schivarli al momento giusto. Cinematografico, neutro, non ricadente neppure nello spettro della legittima difesa. Vittime salvate dai propri aggressori solo grazie al caso.

-Abbracci la provvidenza tutti i giorni in questo modo?

-Abbraccio la fortuna quando mi sento impotente. Talvolta vengo ripagato, ma spesso funziona solo nelle condizioni di estremo bisogno.

-Ci sto. Prima però andiamo dall’oracolo Mangiagatti.

-No, guarda, io sta gente non la reggo. Gentilmente mi potresti riportare negli alloggi curiali?

-Dammi sempre del lei. Comunque no.

-Insomma, ma io quindi non decido proprio niente.

-Niente.

Ci incamminiamo verso la periferia, seguendo appunto un sentiero posto lungo un crinale. Nessun guard rail, o meglio, giusto qualche paletto di legno.

-Don Galvano, ma su questa strada la gente non si ammazza mai di notte?

-Solo gli ubriachi e gli amanti della velocità. Di solito almeno. Uno dei motivi per cui questa strada non è mai stata messa a norma è proprio la sua capacità di contenere il crimine.

-Mi scusi?

-Una specie di trappola. Coloro i quali escono dal seminato, non obbedendo alle regole di condivisa creanza, meritano questo piccolo abisso.

-Mi sembra un modo abbastanza quadrato di affrontare la questione.

A Don Galvano scappò una lacrimuccia.

-Mio figlio Gaudenzio è morto su questa strada.

-Suo figlio era uno sbandato?

-No. Ma nel paese vicino al nostro dove lui lavorava, era uscita la notizia che il prete del nostro comune, cioè io, fosse morto. Lui non ci ha pensato un attimo ed ha affrontato la strada a folle velocità. Forse ha cercato la morte volontariamente.

-Non ha mai scoperto il colpevole?

-No, ma credo che si possa essere trattato proprio del Sindaco, o che comunque il Sindaco potesse essere il mandante di questo brutto tiro.

-Scusi eh, ma suo figlio non poteva farle una telefonata?

-Abbi la decenza di non girare sempre il dito nelle piaghe delle persone.

-Mi scusi Don Galvano.

Nello specchietto retrovisore vidi una grossa Mercedes nera incedere ad una certa velocità.

-Sulla tavola imbandita di merda le mosche non tardano ad arrivare.

-Già, sono proprio loro. Quale era il piano?

-Non è che ci fosse proprio un piano, però ci potrebbe stare aspettando qualcuno più avanti. Io direi di accelerare ora il più possibile, ed alla prima curva importante inchiodiamo e speriamo che questi figli di puttana finiscano nel precipizio al posto nostro.

Don Galvano cominciò a recitare una preghiera a me sconosciuta.

-San Giuseppe da Copertino, protettore dei morti tra le lamiere, custode di trofei di caccia tra cui le criniere, frena le carneficine da metallo necrovoro.

Tirò il freno a mano. Più di mille bestemmie comparirono sul mio orizzonte di passi montuosi ed alte conifere. Colpiti sul lato posteriore sinistro vedemmo la nostra auto avvitarsi in senso orario. Il movimento fù così rapido da impedirci di vedere la Mercedes precipitare nel precipizio.

-Povera 2Cv.

-Don Galvano, squagliamocela subito.

Tornammo indietro, prendendo una stradina collaterale ben nascosta.

-Quindi ce l’abbiamo fatta davvero.

-Tecnicamente non avevi torto. Di fatto non abbiamo ucciso nessuno. È stato un piccolo miracolo.

Settanta metri di crinale.

-A dire il vero un reato ci sarebbe, e non è neppure lieve. L’omissione di soccorso. Gli avvocati del Sindaco verranno a cercarci.

Accelerazioni di trama. Compressioni temporali di ritmo. Un difetto? Fuor di dubbio? Una colpa? No, vabbè, è la pagina stessa che lo impone, la pagina ed il timore che si palesi noia nel lettore.

-Ma quindi dove è che stiamo andando?

-Nel cruscotto dovrebbe esserci una fiaschetta con della grappa. Fatti un sorso e non rompermi le scatole fino a quando non arriviamo.

-Per carità, è lei il capo.

Detto ciò aprii il cruscotto e lo richiusi immediatamente senza bere un bel nulla.

Una specie di jeep inscheletrita parcheggiata davanti ad una abitazione che era poco più di una catapecchia.

Il sole di mezzogiorno pareva riuscire a riscaldare vagamente l’aria, prossimo al venire fuori dal ventre delle nuvole.

-Come mai quella macchina si è giocata la carrozzeria?

-Hai questo vizio di fare domande inutili. Ti interessa davvero?

-Beh, c’è spesso una storia divertente dietro queste…

-Ma basta. Pensa a lavorare, da un momento all’altro ci mandano al creatore.

Una piccola aura di ottundimento. Come se Don Galvano fosse davvero stato sul punto di bestemmiare. Mi sentivo in colpa per il mio essere inopportuno, ma mi domandavo se valesse davvero la pena diventare “parte lesa” per quattro soldi. La disoccupazione è la spinta che fa scivolare i lemmings giù dai precipizi. Beh, forse in quel caso è la spinta riproduttiva, ma cambia poco, considerando che i soldi in fin dei conti sono solo un mezzo per assicurarsi i migliori geni complementari alla propria procreazione.

Suonava, una campana issata su un palo di legno.

Un tizio uscì fuori dalla catapecchia. Rideva.

-Questa casa non ha bisogno di benedizioni né di esorcismi. Stiamo bene così. Io i figli dei diavolo li mangio ogni giorno.

Continuava a ridere.

Feci qualche passo in avanti.

-No, scusa, in che senso? Tu mangi gatti? Vero?

Il tizio se la rideva.

Era magro da fare schifo, avrà avuto più di sessant’anni. Alto e sporco. La barba non gli cresceva in modo uniforme, forse a causa di cicatrici, rimarginate ma visibili come negativo. Portava jeans chiari sporchi di terra e logori. Una camicia scozzese che pareva lavata a freddo con escrementi di piccione.

-Tieni la lingua a freno. Te si vede che sei uno di città.

-No, no. Sono uno di paese, ma di un altro paese. Un paese in cui chi mangia un gatto viene additato come barbaro.

-Non sai che in posti diversi vigono abitudini, anche alimentari, diverse.

Non riuscivo a capire come mai questi cazzo di bifolchi di Mazzaferrata rispettassero tutti un registro linguistico così alto. Come cazzo era possibile?

-Don Galvano ma come mai tutti questi pezzenti parlano come dei signorini?

-La scuola cattolica del nostro comune era considerata una primizia. Detto ciò, giudichi con troppa facilità le persone da un nome, per aptonimo, o dal come si vestano. Come dice il detto: l’abito non fa il monaco.

-Beh, questo dovrebbe valere in primis per lei.

Sia io che il Mangiagatti cominciamo a ridere senza riuscire a fermarci, ci lanciamo occhiate di complicità e Don Galvano sembrò arrabbiarsi. Pochi secondi dopo il mio cuore si sentì oppresso dalla vergogna dell’aver pronunciato una simile battuta di merda. Alla fine si era solo bombato la sua perpetua.

-Allora, caro Oracolo Mangiagatti. Sai già benissimo quali sono i problemi di questa città. Tu che cosa ci dici? Ce lo fai un pronostico?

-Niente. Niente di buono soprattutto. Sai del mio voto vero?

-Come no, lo sa tutto il paese.

-L’altro giorno ho avuto un rimorso. Una di quelle bestie mi ha guardato con uno sguardo non di paura, ma di assoluta pietà. Si era fermato, e prima che potessi spaccargli la testa mi ha lanciato un’occhiata d’assoluzione. Sono scoppiato in lacrime. Ho deciso che mi lascerò morire di fame. Tanto l’alternativa non è granché migliore, no?

-Ma questo Don Galvano che voto avrebbe fatto?

-Non so a chi l’abbia fatto, ma ha fatto fioretto di mangiare solo carne di gatto, in cambio della capacità di prevedere il futuro.

-E come mai non ha sbancato al lotto per poi trasferirsi a Shangai?

-Dice che conoscere il futuro porta irrimediabilmente alla depressione e all’assoluta mancanza di iniziativa e volontà. Senza piacere della ricerca e della scoperta il mondo diventa un guscio vuoto. L’eremitismo rappresenta un tentativo di riempirlo.

-Madonna, sempre con questi sermoni. Qua non si parla di raggiungere Dio o il Diavolo attraverso varie forme di privazione. Si tratta semplicemente, una volta ottenuto un certo dono, equivalente ad un grosso e grasso vantaggio, di sfruttarlo per migliorare la propria condizione.

-Tu cosa ne sai della mia condizione ragazzo?

Il Mangiagatti pareva finalmente irritato.

-Nulla, ma questo non significa che una barca di soldi non possano risolvere almeno la problematica sussistenziale. Ci sono paesi nel mondo dove mangiare un gatto al ristorante fa parte della normale gamma d’abitudini culturali nazionali.

-Hai tutte le risposte giuste. Peccato che hai anche tutte le domande sbagliate.

Mi disse l’oracolo.

-Ah, ecco, buttiamola in filosofia. Contrapponiamo il mito del buon selvaggio a quello del cittadino disumanizzato. Proverò nuovamente a spiegarmi: io non sono un cittadino!

-Nessuno te lo ha contestato. Non nell’ultimo minuto almeno.

-Come si fa a vivere nella miseria deliberatamente con un simile dono?

-Nello stesso modo in cui chi, come te, dovrebbe essere nel giusto ma prova tutto questo illimitato ed auto-rigenerante piacere nello scavarsi la fossa del torno marcio, entro cui seppellirsi.

-Bene, dopo esserci chiariti ed aver confuso ulteriormente queste torbide acque passiamo alla domanda importante. Giusto Don Galvano?

-Sì. Il ragazzo si aspetta che tu ci dica qualcosa tipo sul come liberarci del Sindaco.

-Io so già come finirà. È deciso.

-È un modo per dirmi che il mio ruolo qui è di secondaria importanza?

-Secondaria? Ma magari Don Galvano. Il tuo ruolo qui è di nessuna importanza. Qualunque cosa facciate nulla cambierà l’esito del piano municipale. Il Sindaco a giorni ultimerà il rituale di richiamo, e nessuno in questa vallata rimarrà, diciamo, come era prima.

-La smettete di esprimervi tutti con questa nebulosità? Che cosa intende fare il sindaco?

Chiesi.

-Un sacrificio, un sacrificio di richiamo. Un sacrificio per una invocazione. Se tutto va bene però io morirò di fame prima, e la mia anima seguirà il suo decorso naturale di trasmigrazione, e non fungerà da moneta per il pagamento di alcun patto.

-Sì, ok. Ma noi come possiamo fermare il Sindaco?

-Provate a far cadere il Consiglio Comunale no? Corrompete qualche consigliere!

Questa volta erano lui e Don Galvano a ridere di gusto e con forza. Ridevano forte, facendo rimbombare l’eco delle loro risate lungo lo spazio tra le montagne.

Una soluzione politica anziché una para-militare.

-Ma allora ce lo fai un pronostico?

-L’ho già fatto, no?

Ce ne andammo.

Mi sfuggiva il significato della visita a questo ciarlatano gattivoro, probabilmente residente in una volontà del prete di mettere alla prova la mia fede nella causa.

-A me frega poco delle previsioni del Mangiagatti. Abbiamo già testato poco fa la nostra fortuna. Se noi sulla 2cv ancora respiriamo mentre quei bastardi sulla Mercedes sono andati a conoscere Gesù, come dire, per il momento siamo messi relativamente bene.

-Tu qui sei un assistente. Certo, a volte fai le domande giuste, a dispetto di quello che ha detto l’oracolo, ma non penso che la faccenda si risolverà unicamente con le parole.

-E quindi cosa dovremmo fare?

-Il sindaco ha una figlia, poco più giovane di te.

-Ah. Sta pensando ad un rapimento con ricatto?

-A mali estremi, estremi… Alla fine noi siamo i buoni, no?

-Senza ombra di dubbio.

III.

-Vive da sola la ragazza?

-Sì.

-Che tipa è?

-Come il padre.

-Cioè super-pazza?

-Alcune maledizioni familiari sono insite nei legami di sangue.

-Per genetica o per abitudini tramandate. Azioni sbagliate, brutte reazioni.

-Sei tagliente ragazzo, come quel tipo di vermi che la notte pizzicano i sederi dei bambini.

-Parla degli ossiuri o dei molestatori?

-Di entrambi.

-In tal caso mi ritengo offeso, per entrambi i paragoni.

-Sentiti pure libero di andartene all’Inferno.

-Questa brutta vallata presto sarà l’Inferno, a quanto dice il Mangiagatti. Ergo, non vedo perché dovrei andarmene, no?

-Ti piace un sacco rovistare nelle contraddizioni altrui?

-Preferisco sperimentare le controindicazioni dei farmaci, a dire il vero.

-Voi giovani di sinistra, immersi nel vostro relativismo belligerante.

-Ero un giovane di sinistra, ma non sono mai stato granchè relativista. Anzi, sono sempre stato abbastanza rigido rispetto a certi temi.

-Non mi va di aprire parentesi su eutanasia, aborto o omosessuali.

-Non era mia intenzione.

-Molto bene.

Don Galvano, il prete perfetto. Zero sermoni, la cattiveria della vecchiaia, la capacità di perseguire un obiettivo, seguendo le leggi di Dio. In fin dei conti mi sembrava davvero di essere l’assistente di William Burroughs. Col vantaggio di non doverci avere alcun rapporto sessuale però.

Una brusca frenata.

-Siamo arrivati.

-Don Galvano non è che per caso si ritrova uno di quei farmaci contro il vomito?

-Pensa a quello che ha patito Cristo in croce e smettila di fare la puttana.

-Mi scusi?

Scendemmo dalla macchina. Una villetta ai margini della città.

Citofonammo.

-Per favore Antonio, la ragazza è un poco particolare. Non dare di matto anche tu, a meno che non sia strettamente necessario.

-Pensavo che amasse i colpi di scena, Don.

-Maionese e Nutella non vanno mai mischiate.

-Un poco come quando i Ghostbusters incrociavano i flussi?

-Non ho idea di cosa stai parlando.

Il cancello si aprì senza che nessuno dicesse niente.

-Ma come la portiamo via? Lei ha del cloroformio o qualche altro anestetico?

Entrammo in casa. Un unico ambiente molto grande, contenente tutto tranne il bagno.

La ragazza era davvero molto attraente. Capelli scuri, poco mossi, lunghi. Avvolta in qualcosa di simile ad un accappatoio, ma palesemente vestita dal momento che aveva addosso dei jeans. Livide occhiaie, il viso di chi dorme male, o di chi non fa altro che dormire.

-Salve, Don Galvano. Non è un po’ presto per la benedizione delle case? Inoltre mi pareva di averle detto tempo fa che non sono cattolica…

-Non siamo qui per questo.

-E allora per cosa? E chi è questo giovane che vi portate appresso? Avete ripreso a rimettere in riga i tossicodipendenti?

-No. È un promettente tirocinante.

-Tirocinante in cosa? Nel pretaggio? Nel rap dei salmi?

-Un tirocinante esorcista.

-Ahhh, già. Lei sarebbe anche un esorcista. E il posseduto al momento chi sarebbe?

-Tuo padre.

Gli occhi di lei si fecero seri.

-Cosa volete ancora da mio padre? Dopo tutto quello che gli è successo.

-Proprio per via di quello che è successo tuo padre è cambiato. Vuole far abbattere la morte sulla nostra comunità.

-Ah sì? Ed in che modo?

-I dettagli del piano ci sono sconosciuti. Però credo che lei abbia il dovere di aiutarci.

-Aiutarvi a fare cosa?

-A fermarlo.

-Fermare cosa? Cosa vorrebbe fare?

-Un grosso sacrificio umano.

-Don Galvano, io ho sentito varie storie su di lei, e sul fatto che sia un prete deviato, ma non credevo che fosse anche completamente pazzo.

Il prete si sedette. Mi fece un cenno con la mano. Mi sedetti anche io.

-Niente, allora…

-Allora che cosa? Finisce il prete e cominci tu a dire cazzate?

-Mettiamola così, come viene detto in un famoso film, noi siamo in missione per conto di Dio.

-Ah, ecco. Perfetto…

-Senti, capisco che tu sia agitata. È normale. Però dovresti renderti conto da sola che tuo padre è completamente andato. Il suo fottuto impianto di smaltimento di rifiuti organici di fatto è un altare a Baal Ze Bub. Il signore delle mosche. Belzebù insomma. Mi segui?

-Proprio per niente.

-In quell’impianto sono spariti numerosi operai. Sono stati dati da mangiare a quelle larve.

-Ma come vi permettete? Ha ricevuto il plauso da tutte le associazioni ambientaliste, ed anche dalle comunità. È riuscito a mettere in positivo il bilancio comunale, ed ha ridotto fortemente l’impatto dei rifiuti in tutte le discariche della zona. E voi venite a dirmi che vuole ucciderci tutti? Prendetevela piuttosto con chi sotterra rifiuti tossici.

Intervenne il prete.

-Sai, Cassandra, ti piace ancora la droga?

La giovane non rispose. A dire il vero ero turbato anche io da una domanda del genere.

-Io te ne posso dare un po’, se ci ascolti per un altro poco.

-Di cosa sta parlando depravato? Secondo lei mi vendo per un poco di erba?

-Ma io non parlavo di erba…

Non c’era modo di convincerla con le buone, così seppur sgrammaticati la risolvemmo a modo nostro.

-Signorina le va di assaggiare le gocce imperiali? Il famoso liquore dei monaci. Un vero toccasana per lo spirito.

-Va bene. Ma dopo ve ne andrete. Già non vi sopporto più.

Un rapido cambio di intenzione. La famosa instabilità emotiva che rende le donne così affascinanti.

Scolata l’intera bottiglietta si appoggiò sul divano e comincio a dare segni di confusione.

-Don Galvano ma quella bottiglietta era drogata?

-Certo. Ma soprattutto si tratta di un liquore da 90 gradi. Sicuramente una signorina non lo tollera bene.

-Don Galvano sono felice di essere l’assistente di un prete come lei.

Mentivo dal profondo del cuore. Ero inorridito, tuttavia un fine alto avrebbe giustificato quei mezzi. Gesù avrebbe approvato? Mah…

Una ampia, ampissima lista di domande si aprì ventaglio come la coda di un pavone di qualche tonnellata. Che Don Galvano appartenesse alle schiere del male almeno tanto quanto il sindaco? Forse era Don Galvano il vero maligno, ed il sindaco per quanto apparentemente cattivo sarebbe potuto essere solamente un personaggio complesso, un personaggio dalle mille sfaccettature, difficile da analizzare di primo acchitto, ma pieno di sorprese.

Come prendere la giusta decisione? Al solito ci toccava affidarci all’intuito, ovvero una valutazione poco conscia di tutti i vari elementi finora forniti da questi rapidi accadimenti. Comanda il cuore o comanda il cervello? Alla fine il cuore è solo un muscolo, ergo la problematica si sposta sul cervello. Un modo abbastanza banale di rispondere ad una domanda cassandola in base ad un errore formale. Ignorare il significato comune di un’espressione in cambio di una facile vittoria di Pirro. Perché di Pirro? Perché comunque non se ne si esce bene. D’altro canto pensare di restaurare l’impero macedone era davvero un’impresa fuori dal tempo. Di Alessandro ce ne era uno, tutti gli altri erano nessuno. Tornando a noi.

-Quindi carissimo, il piano quale è?

-Secondo te?

-Sacrificare la sua figliuola a Cristo, magari mettendola in croce, in una specie di rito satanico invertito, e sperare che il sindaco sbielli del tutto e che quindi mandi a rotoli il suo apparentemente ben congegnato piano.

-Diciamo di sì, anche se metodi, modi e toni sono radicalmente diversi da come li vorresti impostare tu.

-Allora mi spieghi lei.

-Va bene. Ma nel giusto momento.

-Perché tutto questo mistero?

-Perché se ti spiego tutto subito poi magari ci ripensi, prendi un treno e te la squagli, rovinando tutti i miei piani, mi segui?

-Grosso modo.

-Come ragazza comunque ti piace?

-Per carità, è molto carina. Anche se ha un bel caratterino!

-Benissimo.

Ci fermammo davanti ad una tipografia.

-Aspetti Don Galvano, mi lasci indovinare, il tipografo è un ex-brigatista rosso, riconvertito al vangelo, e pronto ad aiutarci con un vastissimo arsenale di armi da fuoco donategli a suo tempo dal kgb, giusto?

-No, è un tipografo mio amico. Manco tanto amico. È un tipografo.

-Va bene, va bene.

Rimasi in macchina a giocare con l’autoradio. A parte qualche canto gregoriano distorto pareva che l’antenna non captasse un bel nulla. Per nulla inquietante direi con un rigurgito di residuale ironia, ma non disponendo neppure di quello, non commenterò.

Una ventina di minuti dopo Don Galvano uscì fuori dalla tipografia.

-Allora Antonio, mettiamola così, è tutto pronto.

-Ok, la suspance, per carità, è necessaria, ma vorrei essere coinvolto maggiormente.

-Ok. Niente, ti sposi. In giornata, domani.

-In che senso? Intende farmi prete? Io avrei altre aspirazioni. Cioè, il ruolo di aiuto prete mi piace davvero un bordello, alla fine è abbastanza vicino a quello di detective, ma diventare prete prete in senso stretto, insomma… Mi sembra un poco limitante alla fine. Senza offesa, sia chiaro.

-Guarda non intendevo dire che ti sposi con Dio. Ti sposi proprio con la figlia del sindaco.

-Eh?

-Questo è il nostro diversivo bomba.

-Tutta questa faccenda mi ricorda il finale della terza stagione di Buffy, una serie tv anni ’90.

-Come al solito non ho idea di cosa tu stia parlando.

-Non cambia molto. Voleva solo essere una accusa di scarsa originalità. Ma d’altro canto dal 2000 in poi non è più successo niente di davvero nuovo. Vabbè dai, dall’attentato alle Torri Gemelle in poi diciamo.

-Sei polemico verso tutto. Non so se sia una qualità o una colpa per la quale meriteresti di essere mandato in un certo posto.

-Un certo posto che potremmo definire “affanculo”?

-L’hai detto tu.

Tornammo nella canonica ed in fretta e furia radunò i vari bambini. Io reggevo la figlia del sindaco ancora incosciente.

-Niente, Antonio si sposa.

Tutti i bambini: -Ma come, è appena arrivato.

-Appena arrivato e subito sistemato. Chi trova un prete amico trova un tesoro. Tra l’altro mica sistemato con una così, sistemato con la figlia del sindaco.

-Don Galvano, Don Galvano, ma il sindaco è un alfiere di Satana!

-Vabbè, non è che si può avere proprio tutto dalla vita. Noi uomini di buona volontà cambieremo le carte in tavola, e ricondurremo il sindaco all’ovile. Vivo o morto, è chiaro.

I bambini esultarono contagiati dall’ottimismo di Don Galvano.

Se avesse messo loro delle pistole in mano non avrebbero guardato in faccia a nessuno.

-Don Galvano- chiesi- io non ho capito una cosa però. Supponiamo che la figlia del sindaco non sia d’accordo con questo fatto del matrimonio, come cazzo la mettiamo?

-Mettila pure nella posizione che preferisci.

-Eh?

-Ti sei già scordato del mio motto? Prete sì, ma dalla cinta in su.

I bambini cominciarono a darsela di gomito. Meno male che ero io il pericoloso straniero che poteva insegnare loro parole terminanti per -azzo.

-Ma che cosa significa? Io non parlavo del post. Quella è una problematica minore. Io dico proprio in chiesa insomma.

-Sei stimabile per il fatto che ti poni i problemi per tempo. Sei miserabile invece per il fatto che ti poni i problemi per non fare le cose.

-No, guardi, io voglio risolvere tanto quanto lei questo fatto del sindaco, diciamo, satanista.

-E da dove verrebbe tutta questa motivazione?

-Provengo da una generazione che è stata addestrata dalla cultura pop a scongiurare le apocalissi. Se una apocalisse non la stai producendo con le tue stesse mani, devi assolutamente fermarla. Questo mi è stato insegnato.

-Speravo in motivazioni più forti.

-Siamo sempre il sottoprodotto dell’epoca in cui ci siamo formati.

-Sono sicuro che sarai uno sposo perfetto. Sai, un prete queste cose le capisce al volo.

-Io davvero… non so cosa dire. Se non è una violenza questa? Inoltre credo che vada aldilà dei miei vincoli contrattuali.

-E basta. È carina no? Alla fine quale deficiente credi che sposerebbe uno che di lavoro fa l’aiuto prete?

-Vabbè, che c’entra. È un lavoro che sto facendo adesso, magari tra qualche giorno o settimana trovo qualcosa di meglio.

-Sì, vabbè.

Un cambiamento organico del naturale flusso della trama. Una tempistica troppo stringente.

Definiamo l’orario, quasi le sette.

-Niente, Don Galvano, a me rimangono ancora dei dubbi.

-Parli del vestiario?

-No, vabbè, che c’entra.

-Comunque per quello non ci sono problemi.

-In che senso? Va bene il mio repertorio attuale di vestiti da giovane ribelle casual, tutto sommato sportivo?

-No, ci sono le giacche del morto.

-Il morto chi sarebbe?

-Un grosso e grasso ragazzone che per un poco ha abitato in un appartamento della canonica.

-E poi è morto?

-Se le giacche sono del morto, viene da se.

-E come è morto?

-Un giorno l’abbiamo trovato in camera sua stecchito. Pare sia morto all’improvviso.

-Sì, ma come?

-Forse un accidenti.

-Un che?

-Una di quelle cose che succedono all’improvviso. Un infarto, un ictus… un accidenti insomma.

-E quindi, io dovrei sposarmi con le sue giacche?

-Sì, ma non prenderla come una negativa.

-Perché?

-Quei vestiti sono carichi del risentimento di una persona morta all’improvvisa.

-Non mi sembra una cosa positiva in senso stretto.

-Tu sbagli a guardare la situazione dalla prospettiva del senso stretto. Quell’odio nei confronti della fortuna sarà un valore aggiunto nella nostra battaglia contro il sindaco.

-Quando tutto questo sarà finito Don Galvano emergerà chiaramente il suo valore di uomo e di prete, cioè se lei sia un illuminato o una di quelle tante persone che hanno bisogno della chimica per recuperare un perduto rapporto con la realtà.

-A fine faccenda ne uscirai così arricchito da benedire il giorno in cui mi hai chiesto di lavorare come aiuto prete.

-Arricchito umanamente?

-L’arricchimento umano si può ottenere in un sacco di modi. Io parlavo della comunione dei beni con la figlia del sindaco. Come famiglia hanno una marea di soldi.

-Non avevo considerato la cosa da questo punto di vista.

-Me ne ero accorto. Infatti prima te l’ho fatto presente che osservavi le cose da una prospettiva fallace.

-Insomma, un vero arricchimento.

Tempo venti minuti ed i ragazzini tuttofare di Don Galvano tornarono con questa magica giacca del morto.

La lunghezza delle maniche era perfetta, ma la giacca comunque mi stava un poco larga.

-Don Galvano io mi sento un poco un pagliaccio vestito così.

-Fai benissimo, dal momento che un pagliaccio è quello che sei.

Tutti se la risero di gusto. Mi misi anche io a ridere.

La figlia del sindaco nel frattempo si stava riprendendo.

-Dove sono?

-Signorina lei è nel posto giusto. Ho una piccola notizia per lei.

-Perché mi avete portato qui?

-Poche ore ancora e si sposerà radiosamente col nostro simpatico aiuto prete! È contenta?

-No! Ma chi ha deciso questa cosa?

-Suo padre. Ci ha fatto parecchie pressioni nel merito.

-Ma non credo proprio. Voglio parlare con mio padre.

-Non credo che sia possibile. Porta sfortuna che il padre della sposa veda o si metta in contatto con la figlia il giorno prima del matrimonio.

-No, quello era lo sposo. E comunque non mi potete costringere a sposare questo… questo pagliaccio…

Tutti risero, per l’ennesima volta.

-Perché ridete? Io non lo sposo, e soprattutto non mi potete far rimanere qui contro la mia volontà. Io me ne vado!

La porta che dalla sala da pranzo portava alle scale che permettevano l’uscita dal grande alloggio del prete era ovviamente chiusa a chiave.

-Aprite questa porta!

-Non aprite quella porta. Non è possibile.

-Dove è il mio telefono?

-Non si ricorda? L’ha sbattuto a terra qualche ora fa.

-No che non mi ricordo. Don Galvano lei sta dicendo una marea di cazzate!

-Signorina il suo problema con l’alcol ha evidentemente preso una brutta piega, ma noi non siamo qui per polemizzare su questa sacra unione. Dobbiamo solo aspettare domani. Inoltre, se mi posso permettere, suo padre ha scelto proprio bene il marito per lei. Questo è un ragazzo d’oro, ha numerose lauree ed ha svolto incarichi di primissimo ordine.

-Ma cosa vuole che me ne freghi? Io non sposerò mai un aiuto prete! Probabilmente questo coglione è anche la sua puttana.

-Signorina sta insinuando che io non sia eterosessuale?

-Non me ne fotte niente!

-Il registro che sta usando è quantomeno inopportuno. Secondo me dovrebbe conoscere il ragazzo, nello spazio di una notte si fa tranquillamente in tempo ad innamorarsi.

-Ma lei è completamente impazzito! Me lo aveva detto mio padre che lei era il prete più svitato del mondo.

-Il fatto che io sia un prete atipico non implica automaticamente che io sia pazzo. Non tutti i preti si possono occupare di ciò di cui mi occupo io. Viene da se che per combattere il maligno si debbano fare numerosi passi tra le ombre.

-Vuole forse dire che lei è un apostolo del diavolo?

-No. Non sono il sindaco del paese, sono solo un prete.

-Cosa significa questo? Mio padre sarebbe un satanista?

-Certo che no. Però in un momento storico come il nostro i matrimoni concordati in questa parte di mondo sono quasi spariti, anche se ci troviamo nel meridione d’Italia. Il fatto che suo padre abbia deciso per lei lo fa sembrare quantomeno un ultra-conservatore.

-Ma se mio padre è di centro-sinistra!

-Appunto.

Don Galvano riuscì abilmente a tenerla a bada infilando una bugia dietro l’altro. Le sue bugie erano così convincenti che accettai di credere a tutto quello che diceva. Erano bugie, per carità, ma erano un sacco comode. Ciò che in quel momento era falso sarebbe potuto comunque diventare vero entro le dodici del giorno dopo.

-Don Galvano ha ragionissima. Conoscermi potrebbe essere un ottimo antidoto contro l’ansia che ora ti sta attanagliando. Non capita tutti i giorni di sposarsi.

-Non è nei miei programmi di sposarmi. Specialmente con un coglione come te!

-È perfettamente normale che tra pre-sposi ci siano degli attriti. Ma non ti preoccupare, col tempo potrai abituarti alla mia presenza, e forse addirittura potresti affezionarti a me. Inoltre, ti informo già da adesso che la mia attuale situazione di incertezza economica terminerà presto. Non sarò per sempre l’aiuto prete di Don Galvano! Un giorno sarò un vero prete, un prete vero, al cento per cento.

-Il prete sarà pure fuori di testa, ma te mi sembri un ottimo vice.

-Non sono un vice-prete, ma solo un aiuto prete.

-E sti cazzi?

-Hai detto bene. Don Galvano io ho un’unica domanda, ma il vestito della sposa è pronto?

-Certo, per fortuna la mia perpetua si è portata dietro dalla Romania il vestito di quando si è sposata.

La signorina si arrabbiò non poco. Il fatto di dover indossare il vestito da sposa di un’immigrata evidentemente era anche più penoso di sposare un aiuto prete. Le ragazze di famiglia ricca hanno sempre quella cazzo di puzza sotto il naso.

-Non solo dovrei sposarmi con un coglione vestito da pagliaccio, ma addirittura dovrei farlo usando l’abito da sposa di una rumena? Ma con chi cazzo credete di avere a che fare?

Malgrado l’abbigliamento da sbandata, ed il temperamento instabile, la signorina si stava dimostrando in toto per quello che è, cioè una cazzo di ultra-borghese.

-Ti prometto che non ti farò mai mancare nulla.

-Ne ho abbastanza di questa sceneggiata! Fatemi uscire da qui!

-Antonio, ti ricordi dove ho messo il cloroformio?

-Don Galvano, potremmo evitare il cloroformio? È un noto cancerogeno.

-Gentilmente allora dalle un bel colpo sulla tempia. Non esagerare però, se la ammazzi il gioco è finito ed il sindaco ha partita vinta.

Il tono della voce della signorina si alza di una o due ottave.

-Colpo in testa? Cloroformio? L’unico modo per fottere mio padre? Ma di cosa state parlando?

-Scusi però Don Galvano, però la signorina un poco ha ragione. Se lei non collabora noi come cazzo ce ne usciamo da questa situazione?

-Senti, tu devi fare solo una cosa. Piacerle. Farla innamorare. Ed hai una nottata di tempo. Al massimo una nottata, considerando che gli sgherri del padre potrebbero presentarsi qui da un momento all’altro per farci la pelle.

-Va bene.

Una situazione di fatto non risolvibile. Esisteva un percorso laterale percorribile? Ci sono un sacco di farmaci funzionali al riposizionare la volontà di una persona, ma fino a che punto era giusto che noi ci si spingessimo per purgare quel bastardo del sindaco?

Mi avvicinai alla mia futura moglie.

-Ti va se ci facciamo un giro in terrazzo a guardare le stelle?

-Con chi credi di avere a che fare? Non sono sorda, ho sentito quello che ti sei detto con quel cazzo di prete. Pensi che io sia ritardata forse?

-Quello che penso non ha nessuna importanza.

Mi arrivò un bello schiaffone.

Che fosse davvero amore?

-Calmati, all’inizio fa un poco male il matrimonio, è normale. Dopo però ci si scioglie, e diventa una esperienza piacevole.

-Ti è già capitato di doverti sposare forzatamente con qualcuno per motivi squisitamente politici?

-Innanzitutto questi non sono motivi politici. Cercherò di essere il più chiaro possibile: tuo padre vuole tipo evocare Satana, o qualche altra divinità maligna. Io non ne sono quasi niente in questo campo, ma sono certo che Don Galvano sia la persona più adatta a combattere il maligno. Per tali ragioni potremmo dire che il nostro matrimonio è necessario per motivi squisitamente biblici.

-Datemi un telefono, devo chiamare una ambulanza!

-Ti stai sentendo male?

-No, ma penso che sia giusto mandarvi in ospedale a farvi fare dei controlli. Siete palesemente tutti pazzi.

I bambini si disposero a cerchio intorno a noi e cominciarono a cantare.

-Una unione perfetta

una unione benedetta.

Dove c’è il focolare

quella è casa.

Dove un abbraccio

produce tepore,

quella è casa.

Dove le anime

trovano riposo

e si riprendono

da un girare vorticoso

quella è casa.

Dove gli occhi

hanno il coraggio

di scrutarsi tra loro

con benevolenza

parità di diritti

e mancanza di conflitto

quella è casa.

Dove non si lotta

per il proprio posto

nel mondo,

ma si ringrazia il Signore

per il pane

e per un tetto sulla testa,

quella è casa.

-Va bene, andiamo sul terrazzo. Questi piccoli impiastri mi stanno facendo venire i brividi.

Pareva stare davvero tremando.

Lanciai un’occhiata di intesa a Don Galvano.

Salimmo sul terrazzo.

-Dunque, non so come spiegare il come io la pensi su questa cosa, ma…

-Non penso che potrò mai accettare un matrimonio concordato.

-È solo una scusa per rovinare i piani di tuo padre. Conoscendo Don Galvano inoltre, ed il livello di compromissione della sua integrità, un matrimonio del genere non credo sia neppure valido. Mi segui? Non ci sarà neppure bisogno di annullarlo presso la Sacra Rota. Don Galvano va a puttane, quindi il matrimonio è automaticamente nullo.

-Ho giurato a mio padre che mi sarei fatta sposare da lui in comune. Non penso che questa cosa si possa fare.

-Possiamo andarci a sposare da lui se è questo il problema.

-Sei davvero scemo. Non è solo questo il problema. Chi cazzo ti conosce?

-Senti, tuo padre hai capito o no cosa vuole fare?

-Ma chi ci crede a questa storia. Come fai a credere a quel prete impazzito?

-Don Galvano sicuramente non è una persona completamente normale, ma mi sono fatto conquistare dalla sua lucidità. Una persona della sua età dovrebbe dipendere completamente da una badante, e invece si impegna al massimo per combattere il maligno.

-Quel prete ha una badante.

-Sì, ma diciamo che è autosufficiente. Anche troppo per i gusti di un buon cattolico come me, non so se mi capisci.

-Tu non mi sembri davvero cattolico. Mi sembri giusto un poco invasato.

-Se si vuole raggiungere un obiettivo importante a volte è bene mettere da parte lo scetticismo e abbracciare una fede, per quanto fallace essa sia. È importante avere una causa.

-Sì, ma la tua causa implica che io ti sposi. Mi sembra un poco ridicola.

-Senti, io non ti devo convincere. Questo matrimonio è palesemente una farsa.

-Vuoi che io spezzi il cuore di mio padre sposando un aiuto prete?

-Se questo può servire a salvare questa ridente cittadina, come dire, benvenga. Tuo padre ha mandato dei sicari a scannare me e il prete. Evidentemente non è che sia così garbato come cristiano.

-Per cambiare davvero un posto come questo bisogna sporcarsi le mani. Ha portato la ricchezza in un comune dimenticato da Dio. Don Galvano cosa ha fatto per questo centro? Ha detto qualche messa? Ha fatto il maiale con qualche vedova? Cosa ha fatto quel prete?

-I soldi e lo sviluppo non sono le uniche cose importanti per una comunità. Tuo padre vuole sacrificare tutti gli abitanti di questa vallata a Satana, o ad altri spiriti maligni che ho qualche difficoltà a caratterizzare. Lo hai capito o no?

-Sei delirante.

-Niente affatto. Non mi sono fatto fottere da paranoie virali. Ci ho parlato con tuo padre. So riconoscere un posseduto.

-Supponiamo che tu sia nel giusto, come finirà questa storia?

-Non lo so di preciso, ma mi sono fatto un’idea.

-Cioè?

-Tuo padre abbraccerà il diavolo prima del tempo, un risveglio pretertemporale lo qualificherà come schiavo del diavolo, ma gli impedirà di eseguire il rituale di sacrificio. A quel punto lo esorcizzeremo.

-Ma di che cosa cazzo stai parlando?

-Lo scopriremo solo vivendo.

-Vaffanculo tu e queste citazioni di canzoni da quattro soldi!

-Baciami!

-Col cazzo!

Uno schiaffone.

-Va bene. Il mio scopo primario non era comunque ottenere soddisfazione sessuale.

-Pensi che ci sia molta differenza tra te e l’accolito di una setta qualsiasi?

-Il cristianesimo nacque come setta all’inizio.

-Ma che cosa c’entra?

-Non siamo dei pazzi scismatici. Ci battiamo per il blasone della Santa Chiesa di Roma. Cosa vuoi in cambio del tuo aiuto?

-Che tu ti faccia pisciare in bocca adesso?

-È davvero necessario?

-No! Non vi aiuterò mai!

-Va bene. Io non ti posso costringere. Ma nel momento in cui il maligno si manifesterà in toto, e tutti in questa valle creperanno miserabilmente, conosceranno il dolore e la paura, e finiranno con le loro anime trasportate direttamente all’inferno, te inclusa, sappi che ne avrai piena responsabilità.

-Sai che cosa c’è di nuovo? Questo posto di merda fa davvero schifo. Se le cose che dici non sono farneticazioni sarò ben felice di vedervi tutti crepare. Non credo proprio che mio padre avrà il coraggio di far morire sua figlia. Se ha fatto questo patto col diavolo qualche cosa gli entrerà in tasca, no? Penso che mi convenga rimanere fedele a mio padre piuttosto che sposare, anche se per finta, un aiuto prete.

-Sai che c’è di nuovo?

-Che cosa?

-Sei come tutte le altre?

-Le altre chi?

-Le altre.

-Non capisco che cosa vuoi dire.

Un bello schiaffone, questa volta glielo diedi io.

-Sai, credo che picchiare le donne sia un gesto davvero orribile. Però una come te certe cose se le merita, no?

-Vaffanculo! Come cazzo ti permetti.

Una decina di altri schiaffi.

Reagì con qualche cazzotto. Niente che mi potesse intimorire.

-Io non capisco che cosa sto facendo. Non capisco se mi stai costringendo tu a farlo malvolentieri o se invece mi sta piacendo farlo.

-Sei completamente fuori di testa.

-No. Io mi trovo solo in una situazione di merda. Tuo padre è quello fuori di testa. Di brutto anche.

Cominciò a piangere e singhiozzare.

-Che cosa dovrei fare? Lasciare che uccidiate mio padre?

-Non è detto che l’esorcismo finisca in quel modo. Certo, dipende anche dal livello di accettazione che ha sviluppato nei confronti del maligno.

-Ma tu da quanto tempo lavori per Don Galvano? Come fai a sapere tutte queste cose?

-Sono stato disoccupato per un bel po’ di tempo. Ho un sacco di interessi. Ma sto fatto del maligno per me ormai è fonte quasi solamente di noia. Infatti per la maggior parte del tempo fingo che siano tutte cazzate. Ma sai, questo è l’unico impiego che ho trovato all’altezza delle mie qualifiche. Non potevo sputarci sopra. Quando questa piccola avventura finirà mi lascerò tutto alle spalle.

Non disse più niente. Possibile che qualche schiaffo l’avesse fatta rinsavire? Possibile che di fronte ad una reazione del genere io mi potessi trovare costretto ad avallare il concetto di violenza sulle donne funzionale a farle ragionare? Possibile, cazzo? Immaginai cataste di libri di psicologia utilizzare come roghi per cucinare porchette di dimensioni pantagrueliche.

Il dato empirico, amaramente, suggeriva questo.

Ma il singolo caso non faceva scienza.

Avrei provato successivamente a cancellare questa parentesi di barbarie dalla mia memoria sbattendo la testa al muro con sufficiente forza. Sarebbe servita una precisione neurochirurgica, però.

D’altro canto sentivo fortemente la necessità di dirle: -Adesso che ti ho presa a schiaffi comincia a piacerti l’idea di sposarmi, vero?

Mi spaventavano tutte le possibili reazioni, tanto un “sì” quanto la possibilità che mi mandasse affanculo e che il piano andasse completamente a puttane.

Andammo a dormire. Ciascuno nel proprio letto.

Feci presente a Don Galvano la necessità di barricare la porta del palazzo, e di far controllare a vista la figlia del sindaco dalla maledetta perpetua.

Verso le quattro del mattino suonò la polizia.

Aprì Don Galvano.

I fottuti bastardi gli fecero le pistole al prete, facendoli capire che se non avesse consegnato la ragazza avrebbero fatto tabula rasa della Chiesa.

Don Galvano fornì testimonianza del piano del Sindaco.

Inoltre convinse uno dei poliziotti che dietro la morte del fratello di uno di questi, operaio presso la centrale di smaltimento rifiuti, sarebbe potuta esserci la volontà del Sindaco medesimo. I poliziotti si trovarono in una situazione complessa.

Il dialogo finì con la precisa: -Per ora temporeggiamo. Ma ne riparliamo a giorni. Non lasci la città.

Lo guardarono in cagnesco prima di andarsene, dubbiosi, amareggiati, intontiti, preoccupati.

Un prete dispone sempre di un bonus argomentativo notevole.

Il risveglio fu fantastico. Il sole splendeva in cielo, anche se in lontananza si vedeva un bel nuvolone, un cumulo-nembo diretto dritto verso di noi.

Uno dei bambini parlò chiaro: -Quella nuvola non è solo una tempesta. Rappresenta chiaramente la disgrazia che si sta abbattendo su di noi.

Il prete mi si avvicinò: -L’hai convinta davvero prendendola a schiaffi?

-Mi scusi padre, ma davvero non mi è venuto niente di meglio in mente. Comunque mi sono trattenuto dal darle un pugno in faccia.

-No, macchè. Hai fatto benissimo.

-Ma come? Col cazzo. Volevo convincerla a parole.

-Magari l’hai convinta a parole. Quegli schiaffi sono stati solo dei catalizzatori. Ti sono serviti a condurla ad uno stato di ottundimento funzionale al farle accettare le tue sicuramente buone argomentazioni.

-Don Galvano non lo dica neanche per scherzo.

-Rilassati. Siamo al Sud.

-No, vabbè. Davvero, dovevo trovare un altro modo.

-Smettila di pensare a queste cavolate. Due schiaffi, ma anche dieci schiaffi, ma addirittura un migliaio di schiaffi dati ad una donna non sono paragonabili ad una apocalisse tascabile.

-Avrà ragione lei. Ma dico io, una volta che il Sindaco avrà prodotto questo risveglio, qualora ci riesca, come giustificherà la cosa? Come se ne avvantaggerà? Come verrà spiegata la cosa al mondo?

-Disastro naturale. Sicuramente si verificherà un qualche cataclisma associato. Alluvione o terremoto, boh… Se ne uscirà così.

-E i giornali titoleranno: “Morti tutti tranne il Sindaco”?

-Quanti problemi che ti fai. Sei utile al momento giusto spesso, ma per il resto… che zavorra!

Scivolava nel giovanilismo. Era lui il protagonista di un romanzo di formazione al contrario? Un romanzo di decostruzione. Per la verità solamente un racconto lungo.

-Va bene. Finiamo questa faccenda. Non vedo l’ora di beccarmi la mia liquidazione e tornarmene a casa.

-Se la metti così ragazzo, sembra che tu stia facendo tutto questo solo per soldi.

-Macché, è solo che sta diventando una cosa insostenibile. Mi serve un’esca per fregarmi da me.

-Non ti preoccupare. Abbiamo quasi finito.

La giacca tutto sommato mi stava cristianamente. I pantaloni in effetti erano da pagliaccio. La perpetua aveva provato a stringermeli durante la notte, fallendo miseramente. Ero sicuro del fatto che avesse fallito di proposito, per fare in modo che tutti si burlassero di me. Dovevano avere un grandissimo sangue freddo per riuscire a preoccuparsi di un dettaglio comico in un momento così tragico. Se non altro non sarei stato immortalato in foto, video matrimoniali o similia, ergo non sarebbe stata restituita alla storia alcuna prova del mio essere un morto di fame che si sposa con delle giacche da funerale formato obeso.

La figlia del Sindaco al contrario era bellissima. Avrei fatto il possibile a fine faccenda affinché il matrimonio non venisse annullato.

La funzione fu molto carina.

I bambini cantarono un sacco di canzoni.

Quasi tutte litanie.

Ogni tanto provavano a cantare qualche canzone di Cristina d’Avena, ma Don Galvano li fulminava con lo sguardo.

Lei pareva un pochino a disagio quando cantavano.

Finalmente arrivammo al fatidico momento.

-Quindi, tirandola per le corte, dite sì col giusto tempismo e vi troverete sposati.

Mi veniva da protestare sulla formulazione inusuale del quesito. Invece la guardai, e dissimo (o dicemmo) di sì nello stesso momento.

Quando si dice tempismo perfetto. Il sindaco fece irruzione nella chiesa. Insieme a lui vari suoi scagnozzi.

-Questo matrimonio non s’ha da fare.

Disse. Quanta originalità.

Don Galvano gli rispose a tono: -Una marrana citazione, abbiamo anticipato intenzionalmente il matrimonio. Troppo tardi. Ormai sono sposati.

Il Sindaco rimase impietrito. Poi cominciò a fare bava dalla bocca. Si abbassò per terra, ringhiò, finì per abbaiare mentre era in una postura da cinghiale. I suoi denti sembravano protrarsi in avanti, la smorfia che aveva distorto il suo viso divenne consistente, divenne nuovi tratti somatici. Al cambiamento di postura seguì un vero cambiamento anatomico.

Gli scagnozzi gli si avvicinarono, increduli.

Don Galvano urlò: -Abbattetelo prima che sia troppo tardi!

Uno dei tre terrorizzato esplose cinque o sei colpi contro il sindaco.

Il sindaco non solo non morì ma saltò alla gola del poveraccio, sgozzandolo a morsi. Gli altri due pure lo spararono, da bravi vigliacchi quali erano, e pure morirono nello stesso modo da vigliacchi, sbranati da un primo cittadino ormai tramutato in bestia infernale.

Feci presente alla mia attuale moglie: -Niente, alla fine come puoi vedere era tutto vero.

-Ah, sì.

Poi svenne.

La capivo benissimo. Al punto da stare quasi male anche io. Tra e me e me mi dissi però che non era paura di un diavolo incarnato, ma solo la grande emozione dell’essermi appena sposato.

Don Galvano diede il via a tutti i bambini, che si misero a pregare ad una disarmante velocità ad occhi chiusi. Di colpo tutte le candele presenti nella chiesa si accesero.

Il sindaco corse a quattro zampe contro Don Galvano. La sua velocità non era umana, più o meno come tutto il resto. Feci appena in tempo a spostare sua figlia verso una delle navate laterali.

Il momento del regolamento dei conti.

-La tua forza è al pieno. Ma sei nel campo meno vantaggioso per te, la casa di Dio.

Seguì un bel gavettone di acqua santa. A contatto col Sindaco quell’acqua sviluppò una bella nuvola di vapore.

Pareva risentire molto di più quell’acqua che non tutte le varie pallottole in precedenza esplose.

Don Galvano proseguì con altre secchiate.

I bambini pregavano sempre più veloce e con tono di voce sempre più alto. Non si capiva più quello che dicevano. Non pareva italiano. Passarono dal latino al greco, ed infine all’aramaico. Aprirono gli occhi, nessuno di essi aveva le iridi visibili. Che stessero ribaltando gli occhi?

-Accetti, o vecchio amico, di rifiutare questo patto scellerato?

Nessuna risposta. Il corpo del Sindaco si tramutò in pira funeraria, ardendo con fiamme sempre più alte.

Che il rogo di quella Chiesa fosse il prezzo da pagare per rimette a posto tutta la faccenda?

Per fortuna si accese l’impianto anti-incendio della Chiesa.

Don Galvano concluse l’omelia.

-Il diavolo è tanto grande e tanto tentacolare, ma è stato fregato da un banale ricatto psicologico, cinque secchiate d’acqua santa, ed un impianto antincendio.

Epilogo

Alla fine Don Galvano erogò la mia liquidazione. Fra extra e tutto il resto uscirono fuori circa cinquemila euro. Considerando che si era trattato solo di qualche giorno di lavoro andò abbastanza bene. Certo, un vero professionista del campo si sarebbe sentito umiliato da un trattamento economico del genere, ma in fin dei conti io ero solo un disoccupato.

La figlia del Sindaco subì un mezzo esaurimento nervoso, assolutamente comprensibile dopo aver visto il padre trasformarsi in un proto-apostolo del demonio. Cominciammo una specie di convivenza. Ne valse decisamente la pena, anche se pensavo che sul lungo termine mi avrebbe tagliato la gola per vendicare il padre. Sperai che qualche farmaco avrebbe fatto abbassare il rischio verso lo zero.

-Ma quando ha preso fuoco non potevate tirargli dell’acqua addosso?

-Gli abbiamo tirato delle secchiate d’acqua sia prima che prendesse fuoco che dopo. Del resto eri grosso modo presente anche tu, no?

I bambini rimasero molto contenti della cosa, ma si lamentarono comunque per non essere riusciti a vedere la vera trasformazione finale del Sindaco.

Gli posi la domanda: -Siete sicuri che avreste voluto davvero vederla? Se si fosse trasformato completamente non ce ne saremmo usciti con quattro secchiate di acqua santa.

Risposero: -Vuoi mettere? Don Galvano avrebbe comunque trovato un modo.

-Certo, probabilmente il tritolo.

Aggiunse un altro di loro.

Don Galvano tornò alle sue occupazioni. Si disse dispiaciuto di perdere la mia collaborazione, e che eliminato il Sindaco non ci sarebbero più stati problemi di sorta. Ma decisi ugualmente di terminare la mia esperienza lavorativa come para-esorcista, onde evitare di diventare in un futuro un frequentatore di un qualche reparto psichiatrico d’ospedale. Mi regalò come dono d’addio una copia del Pasto Nudo, ma rifiutai dal momento che ne avevo già una.

La polizia insabbiò tutto quello che c’era da insabbiare. Come al solito, per fortuna!