La gara di pistole.

K. in pieno dormiveglia guardava, sul servizio di streaming della tv nazionale, una fiction sul famoso cane Retropack, cane pastore della finanza, attuale detentore del record di sequestri di sostanze (stupefacenti, per chi non è nel settore).

K. in passato si era ben documentato su tutti gli arresti ed i sequestri compiuti grazie a quel cane, ma complice anche lo stato di coscienza appannato che aveva, per via del sonno, si trovava in difficoltà nel mettere insieme i pezzi. La fiction faceva abbastanza schifo, i dialoghi erano irrealistici e gli attori non avevano nessun accento locale, tranne quelli propriamente caratteristi e popolani (portieri, baristi) che avevano tutti un forzato accento romano. Tutti gli attori erano dei cani, tranne il cane che invece era bravissimo. K. aveva investigato sul chi fosse il cane attore che interpretava Retropack, ma aveva trovato solo siti di ultima categoria da mero clickbait, che insinuavano che nello sceneggiato il personaggio di Retropack fosse interpretato proprio dal vero Retropack. Quel cane, dai conti fatti, doveva avere circa quindici anni. Che dire, se li portava bene.

Lo sceneggiato a tratti abbandonava i classici luoghi comuni sulle fiction sugli sbirri, ma ciò era probabilmente causato dallo stato in cui K. lo stava vedendo. Il pre-sonno in qualche modo migliorava i dialoghi.

-Senti Mensola, ma che cazzo portiamo a fare il cane a fare i sequestri se poi non possiamo arrestare nessuno di questi bastardi?

-I posti in carcere sono limitati e sono sempre considerabili esauriti. Ma i posti in pronto soccorso… beh, quelli non finiscono mai. Al cane piace la droga e gli piace anche la carne di chi la spaccia. Fa parte della sua dieta.

Il cane pareva contento di svolgere il suo dovere. Partiva ad inseguire un nord africano, e manteneva costante la velocità su quella dello spacciatore, per farlo stancare con la corsa. I finanzieri non partecipavano alla corsa. Si limitavano a gustarsi la scena, o a puntare da lontano la pistola facendo finta di fare fuoco. Per fornire un contorno di frattura rispetto a quelle scene violente, durante gli inseguimenti i due finanzieri cantavano la famosa canzone di Retropack:

-Retropack,

tu lavori in finanza,

Retropack,

si lo fai con costanza,

Retropack,

un cane solo

che vale più di tutti noi.

Il cane era autonomamente in grado di schivare coltellate, e di mantenere il controllo della situazione semplicemente col contatto oculare. Non colpiva mai mortalmente, ma mirava tendenzialmente alle mani o ai succosi polpacci. Talvolta, quando era particolarmente euforico al tendine d’Achille. Raramente si arrivava all’arresto, e di solito i finanzieri congedavano lo spacciatore ferito in terra con frasi del tipo: -Vabbè, per questa volta ti è andata bene. Alla prossima.

Parlando del cane dicevano:

-Certo che è un vero figlio di puttana. Mai visto un cane così intelligente.

-Non per niente lo chiamano la Montessori dei cani. Educa tutti questi bastardi con la violenza, peraltro deresponsabilizzandoci. E poi è un idolo di grandi e piccini.

-È super-simpatico come cane, almeno fino a quando non hai della droga addosso.

-Pensa se un giorno per sbaglio ci facciamo una canna con lui intorno.

-Ehi, non possiamo fare ‘sti discorsi in una fiction RAI. Ricordati che siamo contro la droga.

Il cambio di verso dei contenuti fece rendere conto K. che il suo assonnarsi lo aveva portato ad integrare dei contenuti onirici all’interno della fiction. D’altro canto rispetto alla media dei prodotti televisivi della rete nazionale c’erano dentro una violenza ed un cinismo esagerati, dipingendo a tinte fosche delle forze dell’ordine che non potendo più arrestare la gente si limitano ad una repressione educativa.

Si svegliò del tutto.

Non era ancora così vecchio da bruciarsi definitivamente la vita davanti alla fiction italiana.

-Sapevo che dopo quei fatti del girino sarebbe finita. Ora devo rassegnarmi del tutto.

Tuttavia non riusciva a tenere bada l’amarezza. Non tanto per il suo finalmente accettato bidimensionale ruolo identitario. Non tanto per la solitudine densa su cui faticava a scivolare.

Il suo problema era che aveva nuovamente bucato la bicicletta su dei cocci di vetro. Il classico microevento che causa una rottura in una lastra di vetro già ai limiti. Piccolo casus belli adeguato rispetto al giustificarsi nel fare una guerra.

Voleva lanciare un segnale di controllo territoriale. Voleva mettere paura ai bastardi che spaccavano le bottiglie in giro, peraltro probabilmente gli stessi che spacciavano nel parco vicino a casa sua.

-In fin dei conti sono già andato al parco a minacciare della gente con un’arma. Non ho dovuto sparare nessuno. Certo, è un reato, ma cosa ci insegna la cinematografia degli anni settanta ed ottanta? Chi meglio di un comune cittadino può risolvere il problema della microcriminalità? Peraltro io non sono neanche ricattabile tramite il rapimento di un familiare o di un amico. In questa città sono finalmente da solo.

Aveva barattato con un napoletano conosciuto sul sito ilmioamicoferro.it la sua Chiappa Rhino con una Colt Detective Special. Entrambi avevano concluso quell’accordo convinti di aver fregato l’altro.

-Se ci fosse Retropack con me sarebbe tutto più facile. Mi accontenterei anche di un gatto fantasma a dire il vero, se non altro per avere una spalla con cui parlare. Invece mi devo rassegnare al triste parlare da solo. Mi devo proprio accontentare.

K. scelse con cura la giacca.

La sua frase topica era sempre la stessa. Smuovendo la giacca a sufficienza da far intravedere il ferro avrebbe detto: -Senti ma… che dobbiamo fare?

Non vedeva l’ora.

Era secondariamente preoccupato del proprio non sentire la paura.

Doveva gestire quella falsa sicurezza del sentirsi un predatore.

Si recò a piedi verso il parco.

Immaginava la puzza di piscio di quei bastardi pronti a farsela addosso non appena visto il ferro.

Se le cose si fossero messe male, se qualcuno avesse reagito, sarebbe finita malissimo, in tutti i casi.

Se si fosse limitato a schivare una bottigliata, senza sparare, quegli altri li avrebbero fatto la festa.

Il limite delle armi è che una volta che le tiri fuori, devi essere pronto ad usarle. La deterrenza diventa pericolosa quando sei visto come una minaccia ineludibile. In ragione di ciò probabilmente sono preferibili le armi bianche, ma se poi quell’altro ha un’arma da fuoco il game over è quasi inevitabile.

Per strada cantava senza limitarsi una canzone inventata sul momento:

-Ok siamo tutti amici, ma non dirlo in giro.

Se per andare sul sicuro,

punti tutti sul siluro,

se vuoi prendermi alle spalle,

pensando sia uno molle,

te lo dico lapidario

vacci in fretta dal notaio

che ti serve un testamento

è arrivato il tuo momento.

La serata si fa bella

se fioriscon le cervella,

dura meno di un secondo

e poi te ne vai dal mondo.

Ok siamo tutti amici, ma non dirlo in giro.

Una volante della polizia lo seguiva a passo d’uomo.

I due poliziotti salutarono K., chiedendogli dove andasse.

-Niente, faccio tipo una passeggiata. E poi ecco, devo risolvere alcune situazioni.

-Situazioni tipo?

-Voglio vedere che gente ci sta al parco. Mi pare che ci sia gente un po’ di merda ultimamente.

-E che vuole fare?

-Una controllatina.

Il poliziotto che parlava con K. dalla macchina notò il rigonfiamento sotto la giacca.

-Mi faccia capire una cosa, ma ha una pistola in tasca o ha qualche feticismo per la polizia ed è molto contento di vederci?

-Ah, avete notato il ferro. Beh, sapete, di questi tempi… Non si scherza.

-Ah, ah. Ho capito. Senta mi faccia un piacere, salga in macchina.

-Nel senso che sono in stato di fermo?

-Salga, salga.

K. salì in macchina senza fare storie.

L’alternativa era sfidare la polizia, o tentare la fuga a piedi. Nessuna delle due ipotesi pareva percorribile senza potenziali gravi conseguenze.

Salito in macchina chiese: -Dove stiamo andando?

Uno dei due, quasi sulla quarantina, rispose: -Ad una gara di pistole.

-Sicuri?

-Sicuri.

-Ma in che senso?

-Tu hai una pistola. Noi pure. Spariamo a dei bersagli mentre beviamo un analcolico e ci fumiamo delle sigarette. È un modo per passare la serata insieme tra persone che la pensano nello stesso modo.

-In quale modo?

-In quello giusto, no?

L’altro poliziotto era più giovane, aveva poco più di vent’anni. Si dimostrò da quasi subito estremamente logorroico.

Ci mise pochi secondi a bruciare il discorso inerente alla gara di pistole:

-Ti stavo dicendo che io ho questo progetto con cui potrei farci bei soldi…

-Ah, sì, sì. Dì, dì…

-Sul mercato ancora non c’è niente del genere. Non in questo modo almeno, non per come l’ho pensato io, diciamo.

-Sì, Sì, dimmi.

-Allora, ascolta bene e tieniti forte… tieniti forte anche tu seduto dietro perché è una vera bomba…

K. non gradiva quel modo così americano di formulare le frasi, o perlomeno così simile al come certe espressioni americane venivano tradotte in italiano. Tuttavia si frenò nel dare addosso al ragazzo.

-Allora… ricominciamo: un simulatore della vita di un gatto. La principale meccanica è il rango del gatto, definito da numerose cose da fare, ma soprattutto combattimenti con altri gatti e le gatte femmine che ti piombi, cioè che si piomba il gatto insomma. Ci si riposa mentalmente dormendo, e si aumenta la potenza dell’animale oltre che con combattimenti ed allenamenti, soprattutto con l’alimentazione, puntando al massimo su proteine e grassi animali. Ci saranno anche degli aspetti sulla caccia, ma non voglio concentrarmici troppo, per via degli animalisti… sapete. Quindi vorrei metterla prevalentemente sui combattimenti e sugli accoppiamenti, che poi, anche questi ultimi hanno comunque una certa dose di violenza, e che sono in qualche modo un tipo particolare di combattimento. Ci saranno comunque vari parametri importanti, oltre a dieta ed esercizio, tra cui sicuramente la genetica del gatto e quindi la razza di provenienza, nonché malus legati alle malattia che non solo potranno causare Game Over, ma anche indebolimento del personaggio permanente. Per ovviare questo il gatto dovrà farsi curare dagli esseri umani, e qui viene il bello… cosa deve fare un gatto per avere accesso alle cure?

L’altro rispose: -Andare in ospedale?

-No! Dai, è facile.

-Andarsene tipo… affanculo?

-No, sei fuori strada. Il gatto deve fare la puttana con gli esseri umani, per garantirsi di essere curato.

K. chiese una sigaretta, lo sbirro più anziano gliene diede un paio.

-Mi raccomando non fumartele tutte e due insieme.

K. le accese entrambe.

Il giovane riprese: -Aspettate però, non è finita. L’ulteriore meccanica del gioco è che ad un certo punto… e qui viene il bello, si potrà cambiare gatto. Ma si potranno usare solo i figli del nostro gatto protagonista, figli delle gatte che ha messo incinte. Che ve ne pare come idea?

K. rispose: -Alla grandissima.

-Chiaramente bisogna stare attenti nel corso del gioco a non scoparsi gatte con cui si è imparentati, pena statistiche di merda nella prole. Comunque l’ultimo elemento che volevo presentarvi è quello dei combattimenti con altre specie concorrenti: volpi, cani, tassi ed altri animali del genere.

K. chiese: -Mustelidi vari?

-Esatto. Ma il nemico principale chiaramente saranno i cani. Ma ricordatevi che un gatto può sempre tirare fuori gli artigli… e non solo per combattere, ma anche per salire sugli alberi e fuggire. Chiaramente sconfiggere in combattimento un pitbull farà alzare di molto il rango del gatto, ma sarà anche molto difficile, tipo in quei giochi che vanno di moda ora molto difficili…

-I soulslike?

-Esatto.

-E poi ecco…

L’altro poliziotto fu abbastanza esplicito: -Senti, hai rotto il cazzo con sto progetto di merda.

Il giovane chiese a K. cosa ne pensasse:

-I simulatori di vita quotidiana sono sempre complicati. Ma l’idea secondo me è molto buona, ma va realizzata bene.

Il livello di velleità in quella automobile tuttavia era destinato ad addensarsi.

Il poliziotto più anziano, forse solo per zittire il più giovane, disse la propria: -Io ho mandato a Netflix alcune pagine di word con un piccolo soggetto. La storia è quella di due poliziotti, di cui uno è sulla quarantina ed è un asso della squadra omicidi, ma con un grande segreto. Il suo collega, l’altro poliziotto, ha 33 anni, e li avrà per sempre. Non so se mi sono spiegato…

K. intervenì: -L’altro sbirro è Alessandro Magno resuscitato?

-No, no. É Gesù Cristo.

-Ah, e come si integra con la storia?

-Beh, facile. Praticamente quando vanno sulla scena dell’omicidio Cristo resuscita la vittima, e senza tirarla troppo per le lunghe si fa dire il nome del colpevole. Poi però, per non fare sgamare la sua identità ed il suo ruolo segreto, è costretto a riuccidere la vittima. Ma risolvono tutti i casi facilmente.

-Ma quindi finisce subito così ogni puntata?

-Sì, ma alla fine sono tipo dei corti.

-È un’idea originale.

-No, ma dipende anche dal fatto che i gialli sono complicati. Ci sta tutto un intreccio da fare, la suspance, i sospetti da far avere allo spettatore, etcetera. Invece secondo me questi corti sono molto facili da seguire. Si chiede direttamente alla vittima e poi pace.

-Assolutamente in linea con l’epoca che stiamo vivendo, in cui la gente ha una capacità attentiva estremamente limitata. Però volevo chiedevi una cosa molto importante: voi lo seguite Retropack in tv?

-Sì, ma Retropack è un cane della finanza. Non apprezziamo troppo il grande lustro che da alla finanza. È esagerato. In più pare che in realtà Retropack sia un nome collettivo.

-Nel senso che ci starebbe più di un cane con quel nome?

-Dicono che il vero Retropack sia morto anni fa. Nella concitazione di un sequestro dicono si sia lanciato su una panetta di eroina scambiandola per cocaina. Puoi facilmente immaginare l’epilogo.

-Beh, immagino che i colleghi non avessero del naloxone pronto.

-Colleghi? Ma sei in una forza di polizia?

-No, no. È solo che considero Retropack una specie di collega, e quindi per estensione… E comunque intendevo i vostri colleghi, ecco.

I poliziotti fecero un commento tra loro a bassa voce sullo stato di lucidità di K.

Parcheggiarono come capitava.

Scesero dall’auto.

K. li guardò bene in faccia per cercare di tirare fuori qualche valutazione antropometrica da pseudo-lombrosiano quale si professava. Erano abbastanza normali. Il giovane aveva un pizzetto fastidioso e ben rasato, ed un doppio taglio poco sfumato. Il più anziano aveva le occhiaie di chi dorme poco per l’insonnia, ed i denti di chi fuma parecchie sigarette di notte per via dell’insonnia.

-Mi fate capire una cosa -chiese K.- la serata finisce che mi portate dietro un angolo e mi ammazzate, giusto?

-No, no. Perché dovremmo?

-Non saprei, per tipo i miei trascorsi col Partito Grigio?

-No, no. Stai tranquillo. Noi non abbiamo idea di chi sei, e ti dirò di più, non ti chiederemo neppure come ti chiami. Non ce ne frega. Si capiva da come andavi in giro con quella pistola sotto la giacca che sei uno che la pensa giusta. Stai tranquillo.

-Ma quindi, che stiamo andando a fare?

-Quello che eri venuto a fare anche tu, no?

-Cioè, stiamo per andare ad ammazzare degli immigrati?

-No, no. Quello è illegale. Noi ci muoviamo su un terreno già abbastanza scivoloso… Noi facciamo un’altra cosa però, abbiamo trovato un altro modo.

-Li pestate a sangue?

-Neanche.

-Non so… ve li inculate per far loro passare la voglia.

-Neanche.

-E allora?

K. notò che il giovane stava raccogliendo in una grossa busta di plastica delle bottiglie di vetro.

-Quelle cazzo di bottiglie, le spaccano dappertutto.

-Eh sì -rispose il poliziotto più anziano- e noi le raccogliamo.

-Però così mi sembra che si faccia un po’ di confusione tra il concetto di polizia e quello di pulizia.

-Questa è una battuta veramente da Paperino.

Il giovane posizionò le bottiglie di birra vuote su una panchina senza schienale.

Il più anziano porse a K. una manciata di pallottole e gli spiegò come funzionava la cosa:

-Per quattro bottiglie hai quattro colpi. Funzionano così le gare di pistola.

-E chi vince cosa vince?

-Gli altri gli offrono una sigaretta, o un analcolico.

-Ah, ma… a che serve?

-Ogni tanto bisogna sparare, sai per fare capire che siamo in grado di farlo, per fare capire che al momento giusto possiamo farlo. Poi loro, gli abitanti della notte, si passano la voce. Si passano la voce sul fatto che ci sta gente in giro la sera, armata e molto più pazza di loro, e che al momento giusto può risolvere in un secondo tutta una serie di scelte di vita sbagliata usando un certo elemento della tavola periodica.

-Il piombo?

-Garantito al limone.

K. quella sera si divertì molto a sparare alle bottiglie insieme ai suoi nuovi amici.

Il parco divenne finalmente deserto.

Nessuno spacciava più, nessuno lo usava come bagno a cielo aperto, nessuno si sentiva più padrone di fare quello che gli pareva.

-Non è così male essere nelle istituzioni!

-Nelle istituzioni sì, ma non un certo margine di fantasia e di libertà.

Purtroppo K. il giorno dopo forò nuovamente la bicicletta su dei cocci di bottiglia.